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Tempo di riscoperta musicale: come avrete notato negli ultimi anni, moltissimi gruppi più o meno noti hanno deciso di rispolverare la loro vecchia collezione di dischi e metterla al servizio della propria formula musicale. Così capita che gruppi come i White Stripes decidano di far propria l’irruenza garage dei Gories, gli Electric Wizard di “Black Masses” assorbano i Pretty Things all’interno delle loro trame doom, i Black Angels consumino le loro copie di “Nuggets” e i Datsuns velocizzino riff rubati ai Deep Purple. E in Italia? La risposta la si potrebbe ricercare nell’ultimo lavoro degli OJM, una delle band “stoner” più incensate a livello europeo.
Da attenti musicologi avrete sicuramente letto le innumerevoli recensioni su “Volcano”, in cui la stampa osannava il disco descrivendolo come uno dei dischi più belli degli ultimi anni. Nessuno vuole smentire le entusiastiche parole spese per questo quartetto, vero che la maggior parte degli articoli siano incentrati più sulla produzione di Dave Catching che non sul reale valore musicale di questa loro quarta fatica. La prima notizia degna di nota è il cambio di formazione: la presenza di Stephen Pasky (già Poison Deluxe) è il vero fulcro per un recupero di sonorità datate tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei Seventies, palesemente evidenziato dall’ottimo utilizzo di organo e piano in gran parte delle tracce. L’altra grossa novità è la presenza di una potenziale hit-single, nella fattispecie “Wolf”, pezzo molto immediato e che strizza l’occhio ai migliori Eagles Of Death Metal.
Il disco parte con un trittico che è una vera mazzata hard-stoner, “Oceans Hearts” è tutto quello che i Monster Magnet avevano dimenticato di fare da molti anni, “Disorder” è una spiazzante tirata punk compressa in due minuti. “Volcano” è pieno zeppo di riff che richiamano gruppi come Deep Purple, Blue Cheer, Grand Funk Railroad e primi Uriah Heep. E’ il ritorno dello stoner al suo stato primordiale, quando hard rock significava violenza e impatto, prima che venisse infettato dalla gara a chi “ce l’aveva più lungo” fatto di improponibili e interminabili assoli. Il tutto rimasticato e contaminato da influenze più moderne quali Monster Magnet o Unida, da sempre uno dei piatti più pregiati per questi trevigiani. Particolare menzione per le ottime linee vocali di David Martin, molto più curate e varie rispetto al passato.
“Volcano” è un lavoro riuscito, ben strutturato, solo che pure un maestro come Catching è riuscito a catturare la maestosa pienezza sonora delle loro esibizioni live. E se il prossimo sarà Josh Homme?
69/100
(Matteo Ghilardi)
2 aprile 2011