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La grande attesa cresciuta intorno al secondo disco dei britannici White Lies è inversamente proporzionale alla riuscita dello stesso. “Ritual”, a parte qualche rarissimo episodio, non convince affatto. Ed è un vero peccato perché l’esordio della band lasciava ben sperare sul fatto che i White Lies si allontanassero, anche se solo in parte, dai soliti cliché dei gruppi dark new wave che strizzano l’occhio ai Joy Division e ad altre formazioni post punk di inizio anni ’80. Ma il trio inglese appare in questa sua seconda prova nettamente fuori fase come se fosse “uscito fuori tema”, nel tentativo di creare qualcosa di diverso rispetto al primo disco. Non è un caso se uno dei pochi pezzi di “Ritual” che rimangono impressi sia proprio il singolo “Bigger than us” che tanto ricorda le canzoni del precedente “To lose my life”. Se da una parte si può apprezzare il tentativo di non registrare un disco stile “copia carbone”, dall’altra non si può non sottolineare come il tentativo sia clamorosamente naufragato, in mezzo a melodie dai toni fin troppo epici e ritmiche spesso scontate. “Ritual” vanta l’importante e forse ingombrante produzione di Alan Moulder, che però conferisce al gruppo un sound ancora meno moderno che in passato. Fatto che balza subito agli occhi (anzi alle orecchie) come iniziano i primi minuti di “Is love” il pezzo d’apertura. I toni epici e quasi barocchi risultano alla lunga stucchevoli e troppo ripetitivi. Rispetto al disco precedente ci sono meno chitarre e molti più synth, soluzione quasi scontata data la presenza di un produttore come Moulder dietro al mixer. L’unica impennata, anche se lieve, del disco si ha con “Bigger than us”, come già anticipato prima. Quantomeno il basso pulsante rende il pezzo più immediatamente fruibile, anche se si viaggia su territori ben noti ai White Lies. Per il resto “Ritual” va avanti in bilico tra suoni e melodie assai scontate e brani senza una precisa identità. E’ dunque un passaggio a vuoto per il gruppo, che comunque si spera abbia le carte in regola per riprendersi nelle successive prove. Per ora nel tentativo di cercare un cambiamento, il trio londinese pare aver perso la propria bussola.
29/100
(Francesco Melis)
3 marzo 2011
1 Comment
bg
Bè, grazie, così non perdo tempo ad ascoltarlo 😉