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Gli smiley sono tornati, o forse non se ne sono mai andati, o sarà che la Svezia è ancora legata a certe sonorità che noi abbiamo da tempo accantonato. Ora c’è da chiedersi quale sia la scelta più saggia visto che da queste parti non ne senti più di atmosfere del genere, alla radio come per le strade, l’aria divenuta tesa e irrespirabile, i semafori rumorosi, la musica passata per radio… Ma andiamo avanti. L’Acid House anglosassone con tutti i suoi aspetti, la nuova Summer of Love qui da noi sembrerebbe roba per bambini, nonostante si avverta in qualche modo una voglia di sound targato ’80, e nonostante il panorama musicale nostrano sia zeppo di bambini amichetti. Insomma, prova a chiedere a qualcuno chi siano Peter, Bjorn & John se ti senti sicuro di te e non temi risatine sul grugno: No, lascia perdere.
Nel 1988, gli Stone Roses pubblicano “Elephant Stone” e da lì la loro carriera s’impenna, l’Indie esce prepotentemente dal guscio, e per le strade inglesi, nelle camerette zeppe di poster o nei club dove si suda pesante ma ci si abbraccia lo stesso, si inizia a respirare di nuovo qualcosa che sa di Peace & Love, di vivere alla giornata e incontrarsi per mettere su dischi, danzare, magari immersi nei bagliori del primo mattino.
Con “Tomorrow has to wait”, prima traccia di questo “Gimme Some”, hai più o meno la stessa sensazione: un inno a un nuovo giorno che prima o poi finirà, ma per ora va benissimo così. In quegli anni non ci sono solo gli Stone Roses a trasformare l’Acid House americano in un fenomeno deliziosamente inglese. Altri nomi sono The Charlatans, Inspiral Carpets e Happy Mondays. E Peter & co. sembrano conoscerli bene mentre cantano “Dig a Little Deeper” o “Second Chance”, azzeccandoci con chitarre e elettro-percussioni, spingendoti a muovere il culo a destra e a manca. Il suono è scarno, di colpo punk e incurante dei tempi che corrono. Col giro di basso e il fraseggio di chitarrella di “Eyes” i nostri fanno l’occhiolino a Tokyo Police Club (“Nature of Experiment””), Vampire Weekend, e a una certa “I want Candy” negli anni riproposta da più voci, ma da qui in poi forse meglio darci un taglio con citazioni e influenze perché Bjorn & co. prendono a incacchiarsi , come stufi di tutti questi accostamenti (e a circa dieci anni dal loro esordio vorrei pure vedere). Con “Breaker Breaker”, “May seem Macabre” e “Cool Off” i ragazzi sembrano di colpo piantarla di giocare alla tenera pop band, prendono a sbizzarrirsi, ma senza perdere l’ironia (“Black Book”) e ben appagati vanno un po’ più giù con “Down like Me”, di modo che il basso di Bjorn continui a dire la sua in maniera più intima e sensuale. Le ultime due tracce, “Lies” e “I know You don’t love Me”, ben fiere e spregiudicate, a chiudere la track list di un prodotto niente male.
Qui da noi, a mali estremi, John & co. sono quelli del fischietto di “Young Folks”, altrove sono oramai i capostipiti di uno swedish pop che diverte e fa ballare, ma soprattutto mette di buon umore. Basta col dannarsi il fegato ai semafori, forse è il caso di aggiornarsi e mettere da parte tutti gli amichetti che affollano in modo sconfortante gli scaffali dei nostri negozi di musica.
70/100
(David Capone)
23 maggio 2011