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A volte il mestiere di giornalista mette davanti a compiti quantomeno ingrati, mettendo a dura prova le ragioni del cuore e costringendole a sottomettersi a razionalitá ed obiettivitá.
Ecco quindi che il compito ingrato di stroncare un artista che si é sempre apprezzato (eufemismo) diventa impresa ardua, se non quasi impossibile, quando tale musicista rappresenta una delle poche certezze su cui fare affidamento in un panorama musicale gonfio di stimoli ma orfano, salvo rare eccezioni, di figure guida su cui fare sicuro affidamento, quelle da poster fisso in camera per intenderci.
Nel bel mezzo di quella che si avvicina ad una vera e propria crisi di coscienza, ecco arrivare peró le prime ruffianissime recensioni utili a dare quella spinta che serve per far prevalere la ragione sul sentimento.
Ebbene sí, prima ancora dell’uscita ufficiale di “Lupercalia”, quinto album in studio di Patrick Wolf, giá si sprecavano le lodi della stampa internazionale, tutta impegnata ad attribuire voti altissimi ed elogi sperticati a quello che rappresenta invece, a parere di chi scrive, il peggiore album pubblicato fino a questo momento dall’ormai ex enfant prodige della musica britannica.
Detto ció é necessario fare subito una precisazione: Lupercalia non é un album completamente da buttare.
Il talento di Mr. Wolf é oggettivo, e la sensazione che anche impegnandosi il buon Patrick non potrebbe andare sotto un certo livello di scrittura é confermata in pieno da alcuni brani sparsi in giro per l’album.
Ció nonostante, evitare di ammettere che la sua ultima fatica sia nettamente inferiore a tutti i suoi illustri predecessori, equivarrebbe al nascondere la testa sotto la sabbia, letteralmente.
In “Lupercalia” é l’intero concept artistico del polistrumentista britannico a subire un nettissimo cambio di rotta. Fin qui niente di nuovo, si potrebbe obiettare, in quanto il buon Patrick ha sempre fatto del camaleontismo musicale e della mescolanza dei generi il proprio marchio di fabbrica. In che misura peró il suo ultimo lavoro si distacchi da quanto prodotto dall’artista londinese in passato, lo si puó evincere dalle influenze citate nel comunicato stampa della Mercury (ebbene sí, dopo l’autoprodotto “The Bachelor” anche lui non ha potuto resistere al richiamo di una major). Vedere il suo nome accostato a quelli di Madonna, Princee Pet Shop Boys provoca qualche brivido, inutile negarlo, e poco importa se subito dopo vengano citati anche gli Smiths o i Pulp, il danno ormai é fatto.
Da pura celebrazione della felicitá e della “joy of life” che Patrick Wolf sta assaporando in questo particolare momento della sua vita (ben per lui!),”Lupercalia” tracima purtroppo in un’opera troppo spesso melensa e banale, a tratti quasi fastidiosa nella sua tronfiezza orchestrale.
Una produzione rifinitissima, un’esemplare prova vocale, assoluta protagonista del disco, oltreché la solita ricchezza strumentale, non sono sufficenti a levare di dosso la sensazione che sia il songwriting a rappresentare il punto debole del disco, soprattutto se paragonato alla genialitá compositiva riscontrabile negli album che l’hanno preceduto.
Certo non sará facile trattenersi dal canticchiare il ritornello di “The City” o l’apertura di “House”, ma se si prova anche solo per un momento ad accostarle ad un brano a caso di “The Magic Position”, piú volte tirato in ballo come termine di paragone per questo disco, beh il confronto é impietoso. Ma non sono solo due dei tre singoli pubblicati fino ad’ora a rappresentare un colpo al cuore per ogni fan che si rispetti, quanto piuttosto pezzi come “The Future”, pseudo-inno orchestrale dall’incedere altezzoso e scontato, o come “Slow Motion”, nella quale il vecchio acronimo di folktronika, coniato per descrivere la musica di Mr. Wolf, declina in un ampolloso pasticcio orchestrosynth, ulteriormente abbruttito nel finale da inspiegabili ululati.
Se alla delusione per alcuni dei brani piú brutti scritti fino adesso dal Nostro aggiungiamo inoltre un paio di composizioni mediocri come “Armistice”, a metá strada tra Elton John ed un Morrissey in giornata storta, o “Falcons”, niente di piú che un’allegra marcetta mid-tempo, ecco che la doccia fredda é servita.
A salvare “Lupercalia” dalla stroncatura totale e gli appassionati da un brutto sogno dal quale sembrava difficile svegliarsi ci pensano i violini della bellissima “Time Of My Life” , tranquillamente annoverabile fra i classici del musicista britannico, il fine lirimso pop di “The Days” e il pulsante incedere dei synth di “Together”.
Otto anni sono trascorsi ormai dall’abbagliante esordio di “Lychantropy” e Patrick Wolf, nel frattempo, ha fatto troppo per la musica contemporanea per meritarsi un votaccio alla prima manciata di brutte canzoni.
Ben venga dunque la (quasi) sufficienza di stima, con la speranza che il pallido romantic pop di “Lupercalia” possa venire annoverato in futuro solo come una parentesi un po’ sbiadita di una luminosa carriera.
58/100
(Stefano Solaro)
28 giugno 2011
8 Comments
amBrina
assolutamente d’accordo su tutta la linea.
cornelio
The City e Time Of My Life sono buoni singoli, e sono d’accordo anche con The Falcons pezzo anonimo e incolore. Il disco più pallido di Wolf. Anche se dalla recensione traspare il rancore del fan tradito dal lavoro sottotono (un errore imperdonabile), non accorgersi che questo sia il lavoro meno riuscito di Wolf significa mettere la testa sotto la sabbia, ma stesso discorso vale per chi affossa oltremodo il disco per non far vedere di avere la testa sotto la sabbia, ed alla fine ce la mette lo stesso! questo è un disco che rimane ampiamente sopra la sufficienza per vari motivi. 65/100
Stefano Solaro
Caro Cornelio…
ritengo che chiunque abbia seguito da vicino la carriera di Patrick Wolf abbia dovuto fare i conti, di fronte a Lupercalia, con una grande delusione. Benché il tono da “fan tradito” possa essere come dici tu in qualche modo rintracciabile nella mia recensione, penso di aver affrontato l’argomento da un punto di vista critico ed obiettivo.
Allo stesso tempo é innegabile che parlare di un artista come Patrick Wolf possa indurre a soggettivismi, dettati dalla carica emotiva che l’intera produzione artistica del suddetto ha sempre voluto trasmettere. Ed é proprio nel suo intento primario che l’album fallisce, ovvero quello di suscitare quell’emozioni che lo stesso Patrick sta felicemente provando in questo momento della sua vita.
Detto ció, come ho scritto nella recensione, resto convinto che il valore compositivo dei brani sia nettamente inferiore a quello dei precedenti lavori. 50/100 ma 8 punticini in piú di stima, per l’appunto.
cornelio
non so io non condivido molto questi metodi. spero possa dirlo senza fraintendimenti: questo è il disco più debole di wolf, fuor di dubbio. ma questa mania di paragonare tutto con i lavori precedenti non la condivido quando si entra nello specifico! anche il discorso che fa rabbia vedere il suo nome accostato a quello di prince e madonna (due personaggi che io odio) non significa nulla, addirittura poco importa se ci sono anche pulp e smiths (questi sì che sono forti) la dice lunga sulla tua, consentimi, pregiudiziale negatività di fondo e programmata stroncatura. mi sbaglierò, stiamo solo chiacchierando, ma insufficiente questo disco credo sia una forzatura bella e buona. saluti
Stefano Solaro
guarda, quando dici “pregiudiziale negativitá di fondo e programmata stroncatura” ti sbagli di grosso. Io mi considero un fan di Patrick Wolf e come tale l’ ultima cosa che mi sarei augurato di dover fare, era quella di stroncare un suo album.
Ho giá dovuto affrontare una discussione simile a questa su un fan club di Patrick su facebook ed in quel caso, come in questo del resto, ho trovato la passione con la quale molti sostenitori di P.W. si affannavano a difendere un lavoro mediocre come Lupercalia quasi commuovente …
Questo album (giudicato nella sua singolaritá) rimane a mio parere dimostrazione di una pochezza di idee con cui il sig. Wolf non aveva ancora avuto a che fare.
Quello che ho fatto qua su kalporz é stato esprimere il mio parere critico su un album che ero stato chiamato a recensire,parere del quale resto tutt’ora convintissimo. Detto questo é del tutto lecito (anzi direi salutare) avere delle opinioni contrastanti, quindi ben vengano le critiche come le tue, qua non siamo su una rete di Berlusconi per fortuna. Saluti
cornelio
Stefano, ho esaurito il mio corso da fan, non sono fan di nessuno. non sono un cretino per cui patrick è fico, patrick fa sognare, patrick fa toccare il cielo con un dito! anzi, spero – per i fan del buon Wolf – che non si riducano a macchiette tipo quelli dei nirvana o queen.
io dopo ripetuti ascolti di questo (pur debole) disco, rimango convinto che il tuo sia un eccesso di severità tipico dell’appassionato tradito, indispettito dal calo di tensione rispetto a the bachelor.
Lorenzo
Stefano,
credo che la tua recensione non sia onesta. Dal punto di vista intellettuale, intendo. Patrick Wolf è al suo quinto disco e ha soltanto 28 anni! Va bene che è minore rispetto agli altri tre ma se prendi in considerazione il disco di esordio non puoi non notare una maturazione artistica, compositiva e umana davvero rara nel panorama musicale di questi anni Zero. “Lupercalia” è un disco complessivamente buono con punte, a mio avviso, altissime in “Armistice” e “The City”, un singolo dal tiro pazzesco. L’atmosfera generale è molto meno cupa rispetto ai lavori precedenti perchè il nostro Patrick si è innamorato! Ma non per questo trovo giusto denigrarlo. In Italia siamo abituati male: pochissimi artisti riescono ad evolversi e lanciare ponti su nuove sonorità. Il resto è noia come lo stantio panorama indie nostrano. Patrick Wolf è passato ad una major? E allora? Certo gli arrangiamenti sono più asciutti ma non per questo meno efficaci. Non continuiamo ad essere ideologici. Come direbbe Bersani: “oh ragazzi, siamo pazzi?”
Stefano
Lorenzo,
perdonami ma ho una certa difficoltà nel comprendere le tue argomentazioni.
Che Patrick Wolf sia un artista fenomenale credo sia oggettivo, ma io questa maturazione artistica e compositiva non la vedo, anzi, come ho spiegato nella recensione, ritengo che la sua sia piuttosto un’involuzione.
Cosa tu intendessi con “maturazione umana” non l’ho capito sinceramente.
Il fatto che l’atmosfera di Lupercalia sia meno cupa “perché Patrick si è innamorato” è senza dubbio una puntualizzazione interessante, ma non vedo in che modo ciò dovrebbe rendere positivo il mio giudizio sull’album.
Gli arrangiamenti di Lupercalia, inoltre, non sono certo asciutti a mio avviso. La strumentazione é ricchissima, e lui stesso ha dichiarato in varie interviste di aver voluto fare un album di pop orchestrale. Mal riuscito, a mio giudizio.
Non ho compreso neanche il riferimento al “panorama indie nostrano”, né la relazione tra questa osservazione e Lupercalia.
Un saluto.