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E’ tutto incentrato sulla strumentale ricerca e costruzione del Suono. Un “concept album”, come lo definisce lo stesso Umberto Giardini al secolo Moltheni AKA batterista dei Pineda. Le sei tracce contenute in questo album senza titolo, uscite a Maggio e registrate presso le Officine Meccaniche da Antonio “Cooper” Cupertino, sono l’ ultimo progetto collettivo dell’ex cantautore della scena musicale indipendente. Indipendente a sua volta da quella ufficialmente indipendente. Sì perchè Umberto Giardini, dopo aver chiuso lo scorso anno la lunga esperienza solista di Moltheni disprezzando il circuito della musica indipendente italiana e tutto ciò che gli gravita attorno, torna con questo progetto collettivo, relegandosi alla batteria e lasciando alla chitarra Marco Maracas e al piano rhodes Floriano Bocchino (tutti e due ex Moltheni).
Quello che emerge da questi sei pezzi strumentali è la comunione totale dei tre musicisti con il perseguimento della sonorità tutta strumentale, nel senso più stretto del termine. Un inseguimento/perseguimento mai troppo forzato, che esplode in solipsismi da Post-rock americano e in barlumi brit prog dei primi anni ’70, con rimandi a Tortoise e Self Machine, o atmosfere alla Calibro 35 e certi Explosion in the Sky. Il flusso musicale si apre con “Give me a dress” per finire con “Twelve Universe”, attraversando sperimentazioni soniche che trascinano l’udito verso elaborazioni psichedeliche, e se si vuole anche jazz o funk. Da queste influenze prendono adito i quaranta minuti circa di suoni evocativi, spirali elettriche e paesaggi musicali. Inutile prendere in esame questo lavoro pezzo per pezzo, perchè il suo scopo, in parte raggiunto, sembra essere proprio quello di lasciare che siano gli arrangiamenti strumentali a guidare l’ascoltatore (e i musicisti) in un getto sonoro continuativo. Insomma, quello dei Pineda vorrebbe essere un ritorno alla genuinità, e lo si nota anche dalle scelte legate alla distribuzione per esempio.
L’album sarà disponibile solo in vinile, almeno fino a Settembre. Una scelta questa, che testimonia anche l’inclinazione per un certo livello di nicchia. Un lavoro sicuramente non monumentale e basilare, ma una piccola architettura musicale con un suo equilibrato fascino.
65/100
(Eleonora Ferri)
14 Giugno 2011