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Quattro canzoni preziose compongono “Wasted Youth”, l’esordio su 7” degli Young Wrists. Manifattura casalinga, riverbero, suoni a malapena sgrezzati, twee-pop e noise-pop, tutto in linea con la tendenza internazionale, che non disprezziamo affatto e che se è trendy, pazienza. C’è di più: l’opacità, un frastuono dolce e gentile, lo struggimento. Se ritenete che struggersi in musica sia ridicolo, non avete cuore e nemmeno un disco degli Smiths in casa. E se Moz & co sono stati omaggiati recentemente in un altro ep, “He Gets Me High” delle reginette Dum Dum Girls (cui un recensore vergognosamente senza scrupoli, su queste colonne, ha affibbiato un voto scandalosamente basso), nel caso degli Young Wrists l’empatia è ancora superiore. Senza esagerare, perché i due marchigiani non sono epigoni o tanto meno plagiatori. Di carattere, invece, ne hanno da vendere a miriadi di complessini sciatti da entrambe le parti dell’oceano che utilizzano gli stessi ingredienti. Pochi infatti sanno ottenere un sapore tanto ricco. Agrodolce nell’intensa “Car Crash” (quanto Morrisey c’è in un titolo così?), che da sola, come biglietto da visita, basterebbe a stendervi e a volerne di più. Amaro in “July 1986”, definita a ragione bloody brilliant sulla pagina musicale del sito del quotidiano britannico Guardian. “Wedding Day”, come prevedibile, è zuccherosa come una torta di ciliegia e panna. La rinfrescante “Little Girl” in chiusura, tutta onde e bagliori, è una sorsata dissetante che ci lascia sul palato una gran voglia di averne ancora.
Solo quattro canzoni, ma tutte splendide e benefiche. Per il momento, gli Young Wrists sono la migliore promessa che c’è in giro. Potete ascoltare l’EP in streaming su http://youngwrists.bandcamp.com/album/wasted-youth. Oppure, come ho fatto io, potete comprarlo (in un negozio che spaccia ancora vinile o sul sito della We Were Never Being Boring). Che è meglio.
80/100
(Lorenzo Centini)
13 giugno 2011