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Mettete su il disco, regolate il volume ad un livello diciamo così appropriato e ascoltate, in sequenza, l’intro di “Quindici minuti” e, con un balzo repentino, la traccia 12, “La Mia Storia”. La prima con un beat molto funky di Deda e Kaos, la seconda insieme vintage e futuribile, caricata di tensione all’inizio, travolgente poi, a briglia sciolta, programmata da dj M’Batò come il remix hip-hop di un soundtrack di John Carpenter. E’ contro ogni galateo del primo ascolto, ma per una volta fatelo. Capirete subito perché “Ipnosi Collettiva” suoni così classico, in una superiore sintesi di tutte le diverse fonti dell’hip-hop, che vi scorrono dentro come un fiume carsico.
Nel primo album di Andrea Gorni, in arte Musteeno, parole e musica, Mcing e Djing, si confrontano alla pari, dando vita al manifesto di un hip-hop elegante e dalle innumerevoli sfaccettature, variato e dinamico, una dichiarazione d’intenti in dodici episodi (più intro e outro) frutto di un solido e consapevole apprendistato culturale e della collaborazione di 9 diversi beatmaker (su tutti Night Skinny). “Musica che forma, suono che protegge”: il suono crea immagini e paesaggi di forte impatto visivo, quasi cinematografico, solcati dalle rime di Musteeno come in una implacabile sceneggiatura. Nel momento stesso in cui si celebra la potenza della parola – “in principio fu il verbo che ha dato movimento al tempo” (“+Potente”) – la musica ne imprime la forma come fa l’inchiostro con il disegno di una lastra incisa.
Amalgamando sapientemente atmosfere calde e intimiste – “E.M.M.E.” e il suo effetto vinile in attacco – più cupe visioni underground di un futuro di ribellione a un totalitarismo politico e mediatico – “Inno Nazionale Personale” – omaggi alla disco anni settanta – “Still Love U-Lude” – passando per l’elegante beat di “Symbiosis”, programmato da Night Skinny a partire da un sorprendente intro di piano dal sapore classico, “Ipnosi Collettiva” supera le etichette di genere per acquisire il crisma di album rock a tutto tondo, estremamente costruttivo nella sua capacità di guardare oltre il pubblico degli iniziati. E il “j’accuse” di Musteeno sa essere molto raffinato: come in “Megalopolis”, dove l’atmosfera glamour e la voce della Vanoni mixata in avvio (due versi da “La Famosa Volpe Azzurra”) evocano una Milano decadente in una temperie da fine impero.
Gorni è all’esordio discografico ma la sua storia è già quella di un rapper con le idee chiare.
85/100
(Federico Olmi)