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Se un concerto di Paolo Benvegnù aveva bisogno della sua cornice perfetta l’ha trovata nella data romana del tour di “Hermann”. La Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica ha permesso al pubblico, che ha quasi riempito i posti a disposizione, di godere a pieno della musica e degli affascinanti visuals e immagini che scorrevano alle spalle dei quattro musicisti.
Benvegnù si conferma ancora artista moderno, che forse proprio con l’ultimo disco “Hermann” sembra aver trovato la consacrazione della sua carriera solista. I brani più recenti dell’ex Scisma aumentano ancora di più la forza espressiva delle sue doti compositive. A sentire le versioni dal vivo di “Moses” o “Love is talking”, che scaldano immediatamente la platea, si capisce come ormai la base sonora sia una new wave solida e pulsante. Una formula sonora asciutta, con due chitarre e la sezione ritmica basso e batteria (affidata come sempre all’ormai inseparabile Andrea Franchi), riesce ha dare un sound potente e ben articolato. Il resto è affidato all’altissima qualità delle canzoni, in una setlist in cui ovviamente a farla da padroni sono quelle di “Hermann”. Si fanno notare la nervosa wave di “Good morning Mr. Monroe” e la più lenta “Avanzate ascoltate”. Non vengono però tralasciati momenti del passato più recente, come i tanti brani eseguiti dal primo disco solista “Piccoli fragilissimi film”, e di un passato assai remoto, “l’era del tirannosauro” per citare le parole dello stesso Benvegnù, che riporta alla memoria tre pezzi degli Scisma.
Gran parte dei brani in scaletta vengono comunque riarrangiati, segno evidente di una forte volontà di guardare avanti piuttosto che strizzare l’occhio al passato. Accade con “Cerchi nell’acqua”, che assume quasi una nuova veste, stesso trattamento per “Suggestionabili”. “L’universo” e le finali “Rosemary Plexiglass” e “Troppo poco intelligente” scaldano ancora di più gli animi del pubblico che sente lo stretto legame di continuità tra passato e presente. E la figura centrale di questo legame è un cantante e chitarrista, un po’ timido, un po’ istrione, che da ormai quindici anni lascia la sua indelebile presenza nella musica italiana.
(Francesco Melis)
foto di Mauro Grasselli
7 dicembre 2011