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Tu scendi dalle stelle, delirio cosmico.
Il pianeta terra celebra, inebetito e fottuto dalla paura, la fine di ogni cosa. Della magia. Un cammino col fiato sul collo, il grido di un assassino. Gli indignati, con ancora in testa le note della rivoluzione, si accodano di notte, fuori dei cancelli di Trony. I palchi crollano e stroncano vite. David Lynch annuncia il suo addio al cinema perché “ormai si fanno solo i film dei grandi numeri, e l’arte muore”. Muore il cinema. Muore la letteratura. La musica ansima, in agonia, sui blog. Su facebook.
“Psychonaut” è la colonna sonora che piomba, come cometa dallo spazio, su codesto disfacimento. “Una raccolta di early jams/ registrazioni in sala prove e altre varie canzoncine”, in cui l’unico momento vocale è rappresentato dall’urlo dannato di Omar Aborida su “The Spaceman”. Come non vi fosse più nulla da aggiungere, giacché, in un luogo così oscuro e sinistro, ogni parola risulta vana: è già stata detta. L’atmosfera psicotica è quella degli Iron Butterfly di “In a gadda da vida”, l’orbita psichedelica quella intrapresa dai Pink Floyd di “Interstellar Overdrive”. L’unico istante di respiro è affidato ai tre minuti della cerimoniale “Adimite Obscuritatem”. Per il resto, la durata di ogni traccia non scende mai sotto i cinque minuti, con un picco di diciassette in “Psych Ashtray Aktion Mother”. Basso, chitarra, batteria e synth, per un vortice di dieci tracce che avvolge e distorce le forme, i profili, senza sbavature. James, Josh, Julian e Joseph, le guide. E a dar retta a leggende e maledizioni del rock (vedi quella del J27), avranno già pronti i loro quattro loculi in qualche cimitero decadente di Glasgow.
L’album è disponibile in free download sul loro sito, e segue di appena un mese l’uscita della prima omonima cassetta per la “Who can you trust? Records”. Il successo dei Cosmic Dead è ancora un fatto di passaparola di rete, ben supportato dai montaggi video realizzati dal batterista Julian, con filmati in bianco e nero della serie giapponese “Super Giant” (per “The Spaceman”) e di “Alice in Wonderland” del 1903 (per “White Rabbit”, registrata al Captains Rest di Glasgow).
Buon Natale.
70/100
(David Capone)
16 dicembre 2011