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Scorci di paesaggi da Odissea nello spazio. Desolati e primitivi. Un istante di interi millenni, prima (o dopo) l’avvento del progresso. Del traffico e della tecnologia. Del fragore assordante di industrie e motori. Delle centinaia di psicosi che seguono puntualmente ansie e paura dell’esserci. Giù, fino al tracollo. Al boato finale. Ciò che resta è un sussulto di note che si irradia dalle pareti di roccia, come se la musica fosse stata assorbita dal paesaggio. Come non fosse mai andata via. Fosse sempre stata lì. L’alternarsi di questo autentico ciclo della vita, in forma psichedelica, ha il suo riscontro artistico più immediato in una delle maggiori esplosioni della storia del cinema: quella di Zabriskie Point. “Careful with that axe, Eugene” dei Pink Floyd continua a respirare, anche se più posata, nelle tre jams di “S/T II” catturate in sala prove nell’ottobre di quest’anno.
La band di Chicago si descrive come risultato di un collettivo sperimentale di improvvisazione, emerso dall’unione di una vasta gamma di influenze proto-metal, minimalismo, elettronica e rock. “Verma è ameba in natura, che coesiste con la meccanica. La sezione ritmica di guida crea una solida architettura per chitarre vorticose e ossessionanti melodie vocali, tutto sotto un velo di travolgenti sintetizzatori”.
“Space is open”: il potenziale non manca. L’album è in free download sul loro sito.
60/100
(David Capone)
28 dicembre 2011