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Un invitante torpore si stempera nell’aria come eco onirica. Il delirio è lisergico, pura distorsione della realtà. Sodomia psichedelica. “Sunday morning” dei Velvet, e il Bob Dylan che “non è qui”. Quello afferrato magicamente dai Sonic Youth per la pellicola di Todd Haynes. Anche se poi, alla quarta traccia (“Dystopia”), è un attimo rendersi conto di quanto il menestrello di “Blowin’ in the wind” sia più presente che mai. Chitarra e armonica animano una ballata che spezza, per pochi istanti, tutto l’incanto new wave dell’album.
Nove tracce, con “Strangle up my mind” ad annunciare in modo minaccioso il risveglio creativo di una mente che sembra non conoscere tregua. Quinto disco in appena tre anni per Craig Dyer e soci, con “Mademoiselle” (2010) episodio più convincente di una produzione tutta in digitale. L’Inghilterra dei sotterranei si mantiene giovane e conservatrice al contempo, snobbando il deprimente ciclo commerciale delle etichette.
“Lucid dreams”, prima che cali la notte. Prima che anche l’ultimo flebile sussulto sia spazzato via.
68/100
(David Capone)
5 gennaio 2012