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Musica che si espande, si dilata e fotografa in maniera cinematografica un momento che sarebbe irraggiungibile senza il sottofondo adatto. Questo è quello che ho sempre cercato nella musica strumentale di area post e giganti come Mogwai, Mono o Explosion in the sky hanno sempre accompagnato le mie fantasie mentali con perfette esecuzioni cucite sulla retina della mia fase rem. Poi arrivano dal nulla gli Sparkle in Grey, italiani come italiani sono gli Yellow Capra (che anni fa mi fecero vivere momenti di pura poesia mettendo la loro musica strumentale fra i tramonti e l’autostrada) che decidono di darmi ancora materiale per le mie elucubrazioni mentali. “Mexico” non poteva essere regalo migliore, perché rilascia ascolto dopo ascolto, una miriade di sensazioni difficilmente riconducibili alle mere parole.
Strumenti, si diceva, ma anche rumori di fondo, voci che cercano di (s)muovere coscienze come nella intensa “Sunrising”, un mondo interiore visto dai Massimo Volume che invoca resistenza attraverso un grido disperato oppure solamente i violini del brano “Dimissioni” che suonano nei nostri romantici giardini per evocare ricordi lontani, quasi come fossero quelli di Mirò, i Giardini in questione; poi arriva “Mexico”, dieci minuti di rock che muta, le chitarre wah-wah, i voli dei Mogwai, le stasi del cuore, i ricordi della nostra giovinezza (perché cazzo non ce l’hanno fatta avere in bianco e nero?) e quella tromba che si inerpica fino a farti pensare di essere immortale. Solo che questo è quello che ho visto e sentito io.
Avete la testa pronta per un volo del genere?
75/100
(Nicola Guerra)
19 febbraio 2012