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Suonare ballate cupe porta inevitabilmente a cercare la luce.
Dimenarsi esorcizzando il diavolo porta irrimediabilmente a far pace con Dio.
“Son of the Dust” dei torinesi Movie Star Junkies è un passaggio obbligato, una trasformazione fisiologica nonché l’ evoluzione naturale di un suono già figlio della tradizione. Ed è un album perfetto, perché aggiunge senza snaturare ne appesantire, arricchisce senza perdere l’essenza e suona dannatamente rock’n’roll a dispetto dei cori (la prima vera novità di questo terzo capitolo) che esaltano brani nervosi che sembrano sempre pronti ad esplodere, come i fuochi d’artificio nell’immagine di copertina.
Ricordate il passo dai primi Black Heart Procession alla magia del loro “Amore del Tropico”? Ricordate il passaggio dalle urla belluine del primo Cave alla redenzione torbida di “Your Funeral…My Trial”? Ricordate il dolore della spiaggia a cui Neil Young dava le spalle? “Abbiamo ascoltato parecchio Neil Young durante la realizzazione di questo disco” affermano i ragazzi piemontesi. “The Damage is Done” ne è la prova tangibile, affermo e confermo io. Un volo inesplorato nei territori di Zuma, una chitarra che pesca sofferenza dal blues spingendosi oltre, dove nemmeno lo sguardo riesce ad arrivare.
Il fuoco si accende con “These Woods Have Ears”, divampa con la corale ed intensa “Son of the Dust”, scoppietta con la minacciosa “Cold Stone Road” e la Doorsiana “There’s a Storm” e si quieta senza però spegnere le braci nella delicata “A long Goodbye”.
L’erba del vicino (Americano o Australiano che sia) potrà sembrare sempre più verde. Ma la polvere che alzano i Movie Star Junkies si fa ogni volta più rossa.
80/100
(Nicola Guerra)
15 aprile 2012