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Già di per sé, la scelta di intitolare “I Love You, It’s Cool” il loro terzo album poteva far presagire qualcosa della svolta musicale intrapresa dai Bear In Heaven. Davvero difficile immaginare un titolo più ammiccante e paraculo di questo. Se sulla copertina a farla da padrone sono tonalità di rosa fluorescente macchiate da pozzanghere blu e viola, ecco che non ci si deve stupire più di tanto se la prima impressione che dà il disco è quella di un nugolo di pezzi piovuti fuori direttamente dalla colonna sonora di “Drive”.
Dimenticate i battiti tribali che, mischiati a ingarbugliate trame sintetiche, conferivano al precedente “Beast Rest Forth Mouth” una sorta di impeto primordiale, il nuovo disco va nella direzione opposta, sviluppando il lato più easy listening della musica dei Bear In Heaven. Eppure qualcosa deve essere andato storto, perché questo pastiche di altero synth-pop anni ’80 risulta ad un primo impatto abbastanza ostico.
Come posseduti dalla smania di dover impressionare a tutti i costi, i Bear In Heaven giocano per addizione, sovrapponendo strati e substrati sonori in un ciclo continuo di gommose atmosfere romantico-sintetiche, che finiscono per appesantire non poco l’ascolto di “I Love You, It’s Cool”.
Benché si materializzino presto un paio di sicure hit (“The Reflection Of You” è un marasma accattivante di discontinue linee di synth, mentre in “Sinful Nature” sembra di sentire gli Human League dei tempi di “Reproduction”), il motore del disco non fila come dovrebbe, errore imperdonabile per un album costruito con lo scopo di far ballare fin dalle prime note.
È difficile mantenere l’attenzione su i brani in sé, quando la continua sovrapposizione di toni mette in ombra la melodia, seppellita sotto accumuli di disparate rotte sonore.
Davvero un peccato quindi, che “I Love You It’s Cool” soffra di questa sorta di crisi da sovraccarico, visto che di canzoni di qualità nel disco se ne trovano parecchie: “Worlds of Freakout”, con il suo un passo marziale e la sua metrica quasi funky, è una piccola perla di synth pop, mentre “Cool Light”, palese omaggio ai New Order, suona dannatamente catchy.
Non è l’ispirazione a fare difetto alla band di Brooklyn, come dimostrano ampiamente le pulsanti linee di basso dell’iniziale “Idle Heart” o il morbido fluire inaspettatamente dreamy della conclusiva “Sweetness and Sickness”; ciò nonostante l’album resta troppo spesso intrappolato in un stucchevole turbinio di interferenze melodiche e strumentali.
In conclusione “I Love You It’s Cool” si dimostra un lavoro tutto sommato solido che, spogliato di troppi inutili orpelli, avrebbe potuto toccare punte di eccellenza. I Bear in Heaven restano comunque una band dalle grandi potenzialità e di sicuro avvenire.
Devono solo capire che non sempre moltiplicando gli ingredienti si migliora il risultato.
65/100
(Stefano Solaro)
21 Maggio 2012