Share This Article
Una ipotetica rubrica che mi sono inventato in questo momento potrebbe chiamarsi “Reggio Emilia culla di talenti musicali”: se ne potrebbe parlare a iosa, tra la nostalgia sconsolata di alcuni e l’ambizione ottimistica di altri. Lasciando perdere le chiacchiere, da bar o da centri culturali (è più o meno la stessa cosa), oggi quella rubrica ipotetica propone un’intervista ai The Perris.
Ora qui serve fare una distizione: se siete tipi da chiacchiere da bar, leggete tutto, che vi si spiega chi sono i The Perris, come mai se ne parlerà, perchè gli è stata fatta un’intervista; se invece frequentate i centri culturali potete andare avanti, ma attenzione che chi di solito si dà delle arie ha poi quasi sempre bisogno di una rinfrescatina alla memoria, e quindi forse converrebbe leggere lo stesso.
I The Perris sono un gruppo reggiano formatosi attorno ai due fratelli Perri, Amedeo e Nicola. Dal 2009 suonano cose davvero apprezzabili che fanno la spola a senso alternato tra rock ed elettronica, e il loro primo EP – “Hic Sunt Leones” – all’epoca ricevette ricevuto parecchi complimenti da critica e pubblico.
Da un po’ di tempo è uscito un nuovo album, “Universi Piccolissimi”, e anche in questo caso molta gente s’è messa a battere mani. Sfruttiamo l’occasione del concerto di sabato 3 novembre al Calamita di Cavriago (RE), per Live in Kalporz, per fare un po’ di chiacchiere.
Fine dell’introduzione facoltativa: chi c’è c’è.
Ciao The Perris! Dovete sapere che è la mia prima primissima intervista, quindi credo che siamo più o meno pari per quanto riguarda la soglia di agitazione/ansia/emozione. Voi come state? Ma soprattutto, dove siete stati e cosa avete fatto in questi tre lunghissimi anni di attesa?
Stiamo bene, vogliamo far conoscere alle persone quello che abbiamo fatto in questi tre anni, e vogliamo farlo attraverso la nostra musica, un riassunto a parole può aggiungere un’utile didascalia e allora di seguito ti faccio una summa di quanto ci è successo: abbiamo provato cose nuove, ne abbiamo scartate tante, abbiamo messo in dubbio alcuni elementi importanti, ci siamo sentiti in pochi e abbiamo trovato un quarto elemento (Fabrizio, batterista) che colmasse quello che avevamo cominciato a percepire come una carenza. Ccol suo arrivo tutto è un po’ ricominciato da capo e…. abbiamo provato cose nuove, ne abbiamo scartate tante, abbiamo messo in dubbio alcuni elementi importanti e cercato di dare risposte nuove: come vedi non solo la nostra musica è strutturata in loop circolari, anche la nostra vita! Nel mentre sono successi eventi che non hanno niente a che fare con la musica, ma sono successi. Cambio case, cambio lavoro, cose di questo tipo (a questo punto la Simo solitamente interviene con un “ma cosa gliene fregaaaaaa!!”) che, per persone come noi, con scarsa attitudine all’organizzazione, si tramutano in meno tempo per la musica. Per tutte queste ragioni ci abbiamo messo tre anni. Era il tempo che ci serviva.
“Universi Piccolissimi” è stato lanciato utilizzando una soluzione davvero davvero spiazzante: lo “spagamento”. In pratica promettevate un buono omaggio per iTunes o Amazon ai primi cento che scaricavano l’album dal sito www.scommercial.com. Siete per caso impazziti? E soprattutto, non credete che Thom Yorke e i Radiohead tutti ora se la prenderanno per essere stati superati dalla vostra trovata?
Già me lo vedo Thom Yorke a rimuginare sulla notizia pensando “FUCK, I hate -The Perris-“, dubito che rientri nello scenario delle “cose” plausibili, ma sarebbe molto bello. Effettivamente con questa trovata ci eravamo immaginati di scioccare, provocare, far ridere. A volte la musica va accompagnata da gesti di questo tipo perché se è vero che “l’operazione” non aggiunge contenuti sul piano musicale è altresì vero che il mondo della musica oramai, ma oserei dire da sempre, si confronta con cose che non sempre sono legate alla musica in senso stretto, perché la musica (come la vita in generale) non è fatta a compartimenti stagni. E poi avevamo per la testa questa idea che ritenevamo potente dal punto di vista comunicativo (e di fatti così è stato) e ci andava di attuarla così, senza pensare al marasma di conseguenze che ha generato e che in ogni caso non saremmo riusciti a prevedere. Ultimo (ma non ultimo) volevamo divertire, perché, per come l’abbiamo intesa noi, Scommercial era talmente assurdo da risultare volutamente ridicolo, e le cose ridicole fanno ridere, almeno noi (anche se è palese a questo punto che il nostro senso dell’umorismo è profondamente diverso da quello della maggior parte delle persone). La nostra era una barzelletta che molti hanno caricato di contenuti e frustrazioni che non ci appartengono e in più ci hanno chiesto di spiegargliela; l’effetto delle barzellette spiegate fa pena.
Torno serio e riformulo la domanda in modo degno. Recentemente mi è capitato di leggere su Il Fatto Quotidiano un’intervista ad Alberto Scotti di Snowdonia Dischi. Scotti nell’intervista diceva chiaro e tondo che “Quando la Apple comincerà a regalare iPod e iPad, la Wind le ricariche telefoniche, e le mignotte la daranno gratis, anche io comincerò a regalare la mia musica. L’idea che il lavoro di un musicista valga meno di un operaio di una fabbrica d’armi […] è fondamentalmente razzista. Alla fine, sotto sotto, la pensano tutti allo stesso modo […]: il musicista è un idealista sfaticato, un buffone che deve lavorare gratuitamente per allietare la – peraltro quasi sempre inutile – vita del prossimo”. Ecco, voi da che parte state? Sempre che ci sia una parte da prendere e dove stare. Ci spiegate le intenzioni che avevate con lo “spagamento”?
Chi paragona la musica a un iPad o a delle ricariche Wind parte commettendo un errore di valutazione e svilisce la musica più di quanto ci accusano di aver fatto. Il lavoro del musicista vale meno? Semplicemente per noi fare musica a questi livelli non è un lavoro come non lo è per tante altre persone. Quella del musicista è un’attività del tutto particolare e sarebbe stupido non considerarla come tale. Ci sono persone che hanno la fortuna di riuscire a campare della loro passione. Con questo non vogliamo dire che chi riesce a guadagnarci dei soldi non se li meriti, anzi. Non esistono persone disposte a lavorare gratuitamente su una catena di montaggio della Apple, ne esistono tante però disposte a comporre produrre, suonare musica a titolo gratuito, anzi spesso investendoci dei soldi. Lo fanno per dar forma alle loro passioni e aspirazioni, non di certo perché pensano di fare un investimento sul loro lavoro futuro. Il mercato della musica indipendente è ampiamente alimentato da chi la musica la fa non da chi la ascolta e questo le etichette minori e le agenzie di stampa lo sanno bene. Noi questi soldi li abbiamo messi alla luce del sole, questo è il significato dello spagamento.Quella di prima era la domanda che non potevo non farvi.
Ora parliamo delle cose suonate e cantate: il nuovo disco riprende da dove eravate rimasti, però aggiunge la quantità di arrangiamenti puramente elettronici, che sembrano diventare più asciutti, asettici, puliti del suono denso e saturo di “Hic Sunt Leones”.
Insomma, non voglio farvi giocare ad “Indovina Chi?” per quanto riguarda le eventuali influenze musicali, e quindi la domanda che vi faccio è: cosa ascoltavate mentre stavate lavorando all’album? E vi ha in qualche modo condizionato nella scelta degli arrangiamenti e dei suoni?
Di musica ne ascoltiamo tanta ed entra tutta in quello che facciamo. Esiste un livello di ispirazione inconscia che sicuramente ha plasmato il nostro lavoro, ma non abbiamo come riferimento modelli precisi, o meglio, abbiamo registrato quello che ci convinceva di più. Per cui riformulo la domanda: “Ai The Perris che musica piace?”, e a questo genere di domande i The Perris non rispondono mai perché poi la gente reagisce dicendo “ah, ecco a chi si sono ispirati”.
“Universi Piccolissimi”: nel titolo un ossimoro esemplare. Ci spiegate perchè questa scelta? Nel disco esiste un tema centrale che lega tutte le canzoni?
Il tema è la musica per come la intendiamo noi, una musica fatta di atmosfere che rimandano a un “altrove” non ben identificato ma descritto compiutamente attraverso i suoni. Non abbiamo la presunzione di aver raggiunto questo difficilissimo intento, ma è ciò verso cui tendiamo. Questi “posti” effimeri quanto la durata di una canzone, ma con l’arroganza di essere considerati alla stregua di galassie, noi li abbiamo chiamati “Universi Piccolissimi”.
E allora lasciatemi dire che i miei pianeti preferiti della galassia The Perris sono “Supertele” e “Kappa”, parola di recensore alla sua prima. Riguardo ai singoli pezzi avete intenzione di promuovere anche video ufficiali? C’è qualcosa in cantiere?
Ci piacerebbe: abbiamo alcune idee in testa, una in particolare bella e fattibile (da noi personalmente) che ci piacerebbe concretizzare, un video pensato per “Kubrick”….ci stiamo lavorando. Lo abbiamo chiamato “universi estroversi”, è l’unica anticipazione al riguardo. Jon Carling, un artista americano con il quale abbiamo un ormai consolidato rapporto di amicizia e che per noi ha realizzato il video di una canzone contenuta nel precedente EP (a nostra insaputa tra l’altro), sta lavorando ad un nuovo video. Magari uno di questi giorni ci sveglieremo e scopriremo di avere un video di una nostra canzone, come successe per “Pirates in Jacuzzi”.
E per i concerti? Ci sono altre date oltre a quella del Calamita?
Il concerto al Calamita è l’inizio, e non poteva esserci inizio più bello. Poi suoneremo a Salerno il 30 novembre all’interno della rassegna LA GUERRA FREDDA. Queste le date certe… su altre ci stiamo ancora lavorando.
Ultima domanda. Io faccio attenzione anche a cose per alcuni marginali, ad esempio alle copertine dei dischi. La vostra è davvero originale, ci spiegate di chi è opera e quale significato ha?
La copertina era parte di un progetto realizzato da Amedeo e da alcuni suoi compagni all’Accademia di Belle Arti. Registrato il disco, abbiamo pensato che fosse perfetta. Semplice, potente e di ampio respiro interpretativo. Un astronauta in partenza? Forse. Nel poster abbiamo invece creato nove universi, uno per ogni canzone… ma non potrete vederlo a meno che non compriate il cd.
A pagamento questa volta.
(Enrico Stradi)
Foto di Paolo Proserpio
30 ottobre 2012