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Nel panorama musicale indipendente inglese pochi gruppi spiccano per personalità, i Clinic sono uno di questi. Appena partono le prime note si riconoscono al volo, durante una carriera quasi quindicennale sono stati capaci di creare un proprio marchio di fabbrica, rischiando di risultare monotoni e ripetitivi. A dire la verità, a tratti potrebbe anche sembrarlo, ma non è così, niente Ramones in salsa psichedelica. La musica cambia, si evolve, l’approccio alla composizione, quello sì, rimane lo stesso. Il gusto per il vintage resta immutato, persiste l’audacia di combinare elettronica e psichedelica, sensibilità pop e cacofonie lisergiche. I Clinic recitano una parte, gli abiti di scena sono le immancabili mascherine da chirurgo, la philicorda e il clarinetto, il ruolo è sempre lo stesso, l’interpretazione è diversa, varia a seconda dell’opera. Le sfumature zuccherose del disco precedente, “Bubblegum”, si perdono nella tavolozza di colori degli allegri chirurghi.
Il disco si sviluppa in un eterno ritorno di suggestioni create ad arte. Da un lato emerge la vena intimistica (“Sun and the moon”, “Miss You”), dall’altro quella più stralunata (“Cosmic radiation”, “King Kong”) . Si gioca sulla componente estatica e labirintica della musica, un po’ come facevano Loop e Spacemen 3 tra la fine degli anni ottanta, inizio anni novanta. Nel caso dei Clinic non si può parlare di space rock o psychedelic rock in senso classico, le chitarre sono le coprotagoniste di un progetto più ampio, che prevede come comparse strumenti a fiato. “Free Reign” è un incrocio schizofrenico tra l’urgenza espressiva dello space rock e l’eleganza sperimentale delle avanguardie pop. Una sorta di improbabile album suonato a più mani tra Spiritualized e Tuxedomoon.
70/100
(Monica Mazzoli)
27 novembre 2012