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La !K7, etichetta e casa di distribuzione tedesca con uffici a New York e Londra, specializzata nelle avanguardie elettroniche, celebra il ventisettesimo anniversario con una serie di uscite discografiche speciali. Tra queste rientra il DVD del live dei Mudhoney all’ Independent Days Festival di Berlino nell’Agosto del 1988. Il DVD comprende oltre l’esibizione live di Arm & company anche alcune bonus tracks: un’intervista a Mark Arm e un breve scritto introduttivo realizzati da Stevie Chick, giornalista di numerose testate quali Mojo, NME, Plan B, Kerrang!, Arena, Melody Maker e autore del libro “Psychic Confusion : The Story of Sonic Youth” (Omnibus, 2007).
Dal meandro di chissà quale cassetto polveroso, anno 2012, esce fuori la ripresa video del live dei Mudhoney a Berlino nel 1988, prima esibizione europea dei Mudhoney. Da perfetti sconosciuti in patria e all’estero i Mudhoney con una sola pubblicazione discografica all’attivo, il singolo “Touch I’m Sick/Sweet Young Thing Ain’t Sweet No More” (Sub Pop, 1988), vengono catapultati a Berlino in veste di band rappresentante dell’etichetta Sub Pop all’Independent Days Festival, manifestazione celebrativa della musica indipendente internazionale. Anno 1988, albori della Sub Pop, si respira aria di cambiamento, il concerto berlinese dei Mudhoney segna l’inizio di un’era, definita molto banalmente “grunge”. Al di là delle fredde catalogazioni giornalistiche, è l’epoca delle fanzine cartacee, delle etichette indipendenti, dei furgoni delle band in giro per gli Stati Uniti, pronte a sputare sangue. Sul palco Mark Arm (voce, seconda chitarra), Steve Turner (prima chitarra), Dan Peters (batteria) e Matt Lukin (basso) si presentano con capelli lunghi e jeans strappati, un’iconografia, solo qualche anno dopo, ripresa da tutti i ragazzi alternativi o presunti tali. Il gruppo si trova di fronte a un pubblico di curiosi ed addetti ai lavori (rappresentati dei media, agenti, proprietari di etichette indipendenti), ignaro di trovarsi davanti a un gruppo che farà la storia e di quella con la S maiuscola. La videocamera cattura l’enfasi e l’estasi della performance ad alto contenuto di wah-wah, intervallata da ilari siparietti dei componenti del gruppo, il drumming improvvisato del batterista Dan Peters, le frasi ad effetto di Mark Arm, quali la kennedyana “Ich bin ein Berliner” o il simpatico invito a ballare If I think con il proprio/a fidanzato/a “You can grab your little fraulein or your little man or whatever and do the slow loving dance..”. Arm e Turner, al centro del palco si divertono e fanno divertire, scaraventandosi sul palco e ballando, Matt Lukin, un po’ come tutti i bassisti se ne resta nell’angolo a suonare linee di basso e Dan Peters picchia duro sulle pelli e nelle pause, con la faccia dal tono compiaciuto, fotografa il pubblico.
Non è un semplice concerto, ma un documento storico-musicale, con un possibile sottotitolo scherzoso, “Seattle Underground al potere: come tutto ebbe inizio”.
(Monica Mazzoli)
1 novembre 2012