Share This Article
Un suono che riverbera. Marziale, incostante, drogato. Oriente che si mescola all’occidente. Estasi lo-fi che sa di globalizzazione. Non quella che intendete voi però, che ha contaminato con l’immondizia l’immaginabile, ma quella che vorremmo noi, un allargamento di vedute, uno sguardo sempre più vigile sul nostro passato musicale e un occhio attento al futuro che non si deve necessariamente riscrivere. La neonata etichetta Trouble in Mind di Chicago, attiva dal 2009, azzecca il disco giusto per rinsaldare questo sodalizio spazio temporale fra passato e presente. Lo fa con The Paperhead, gruppo giovanissimo di Nashville che scioglie nell’acido le proprie conoscenze musicali che vanno dai Beatles agli Spaceman 3 passando per un garage di matrice psichedelica che profuma di anni ’60.
Immagino Ryan Jennings (chitarra e voce), Peter Stringer-Hye (basso e voce) e Walker Mimms (batteria) trovare in cantina “Sid Trips” dei Kaleidoscope. Innamorarsene. Immaginare cosa potrebbe succedere se oggi quella musica varcasse i confini del tempo. Se continuasse a vivere. Attualizzandola, ricordando che la banana di Andy ci sta come il prezzemolo e che la melodia, anche se sommersa dal rumore e dall’inesperienza, scaturisce sempre dall’anima, anche quella più annebbiata e camaleontica.
Quando la gioventù senza manie di grandezza trova nei dischi dei genitori un modello educativo pari ai giocattoli che riproducono i versi di animali, ecco spiegata la magica transumanza. Transitare sul suolo della psichedelia non è mai stato così appagante.
72/100
(Nicola Guerra)
15 novembre 2013