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Verrebbe da definire i The Shit un gruppo garage del deserto. E non solo perché il disco è stato prodotto da David Catching (Eagles of Death Metal, Queens of the Stone Age) nel leggendario studio Rancho De La Luna situato a Joshua Tree ma perché ricco di collaboratori del calibro di Chris Goss dei Masters of Reality e Gene Trautmann (Eagles of Death Metal) che hanno indubbiamente sterzato la vena garage a favore di un rock sporco, anfetaminico e lascivo. Proprietario del progetto in questione è Robert J. Butler che vive e suona in Svizzera con un gruppo di veterani musicisti locali innamorati delle sonorità sopracitate.
“Dingleberry Fields Forever” è il primo lavoro del gruppo su Subversiv Records ed è davvero un gran bel sentire. Orfani (noi ovviamente) della vivacità di Josh Homme e del piglio scazzato del povero e compianto Jay Reatard (sempre troppo tardi si scoprono i talenti), il lavoro dei quattro rocker si pone all’esatta metà fra garage e rock’n’roll abbracciando a volte anche la psichedelia, soprattutto quando i toni si fanno rilassati (la bella ballata in odor di peyote “Blue Tears”). Così tra frequenze radiofoniche disturbate che ricordano molto gli interludi presenti nelle canzoni per sordi delle regine dell’età della pietra, galli che cantano e motivi aggressivi ma dotati di spunti melodici non indifferenti, queste dodici canzoni di quaranta minuti scarsi che parlano di amore perso e ritrovato ci fanno davvero dimenticare di vivere in un mondo impazzito.
I prati verdi della Svizzera come la sabbia del deserto della California. Evidentemente dagli spazi aperti si dilegua sempre ottima musica. Qui addirittura non c’è nemmeno il pericolo di pestare qualche “merda”.
75/100
(Nicola Guerra)
6 novembre 2012