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Ritorna Conor J. O’ Brien, cantautore e multistrumentista irlandese, corpo e mente del progetto Villagers. Dall’esordio “Becoming a Jackal” (2010) è trascorso poco tempo – tre anni- ma non si direbbe. Sono passati secoli.
“{Awayland}” presenta un artista senza identità, incapace di dare un filo logico al suo percorso compositivo-creativo. La sperimentazione prende il sopravvento, O’ Brien vuole togliersi di dosso la veste di cantautore folk, alla ricerca di nuovi scenari sonori. Centra l’obiettivo ma a farne le spese è la musica, ne viene fuori una macedonia di suoni, di tutto di più: dalla tastiera anni Ottanta, fuori tempo massimo, di “Judgement Call” agli inserti elettronici di “The Waves”, brano dal potenziale bassissimo che potrebbe essere uno scarto di “King of limbs” dei Radiohead.
Alla fine dei giochi O’Brien intraprende tante strade, troppe, ma non ne sceglie una, perde la bussola. Non sono in discussione la sua sensibilità musicale, le capacità di scrittura, anche perché gli spunti interessanti non mancano ma rimangono accennati (“Nothing arrived “, “In a newfound land you are free” ). I tentativi di cambiamento, inseriti nei vari brani, lasciano l’amaro in bocca, snaturano il suono d’insieme.
Ne esce un disco senza coordinate di riferimento, che gira a vuoto nel lettore. Pochi passaggi rimangono impressi, forse qualche intreccio di armonie, in ricordo dei tempi che furono (“My Lighthouse”). Tutto scorre, inizia e termina con l’ascolto del disco. L’intimità raffinata di canzoni come “I saw the dead” o “That day”, contenute nell’album di debutto, è scomparsa, da un giorno all’altro.
55/100
(Monica Mazzoli)
17 gennaio 2013