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Immaginate uno strano triangolo tra Livorno, Pisa e Bologna. E che queste città vengano rappresentate da band di ragazzi spesso coetanei ma con una proposta musicale assai diversa tra loro. Avrete come risultato una succosa maratona pre-natalizia offerta dal Bronson di Ravenna, solita ed instancabile fucina di eventi.
In realtà è doveroso fare un appunto sull’esiguo minutaggio concesso ai primi due gruppi che si sono esibiti in orario proibitivo e davanti a praticamente nessuno. Chiusa questa piccola parentesi la serata si apre con i Mimes of Wine di Laura Loriga. La voce è da pelle d’oca, i brani magnificamente arrangiati, in un’altalena tra violento e sognante che mi ha ricordato PJ Harvey quanto Tim Buckley. I momenti più riusciti della band di base a Bologna appartengono al nucleo centrale del nuovo album “Memories for the Unseen”: dalla fantastica “Yellow Flowers” (dominata da un violoncello che profuma di barocco) alla superba “Auxilio”, da noi già ampiamente sottolineato come masterpiece nella produzione dei Mimes of Wine.
Giusto il tempo dei ringraziamenti di una timidissima Laura che il trio livornese dei Flora&Fauna, epigono di band quali Shellac e Fugazi, si lancia in un furioso set che per via dei numerosi stop and go tocca anche i mondi stoner e post-rock; inoltre i pochi brani cantati sembrano omaggiare la scrittura di CCCP e Diaframma. Il gruppo riesce a mascherare gli oltre dieci anni di inattività con una mezzora ad alto voltaggio che attinge al periodo d’oro del rock dei primi anni novanta, senza dimenticare riferimenti alla scena attuale – il bassista sfodera una bella maglietta dei Bud Spencer Blues Explosion. Buona presenza sul palco del leader Simone Lalli, nuovi brani in uscita ed una carica esplosiva che il pubblico ravennate ha saputo apprezzare.
La sala è quasi piena per l’arrivo dei Criminal Jokers capitanati dall’esuberante batterista/cantante Francesco Motta. Quasi fratellini degli Zen Circus perchè come loro sono di Pisa, amano Cramps e Violent Femmes e cantano in italiano dopo il buon esordio in lingua d’Albione. Eppure c’è una drammaticità più consapevole ed uno sguardo intenso alla new-wave e al rock underground dei sixties, che si tratti di “This was supposed to be the Future” o di “Bestie” con l’apocalittico verso “La Fine che ci meritiamo è il Niente”. Lo stesso sound apre a tante soluzioni, passando da un violino straziato di stampo Afterhours alle tastiere evocative di “Quando arriva la Bomba”. Splendide “Nel Centro del Mondo”, ballata alcolica eseguita solo con chitarra e violino ed il finale affidato a “Fango”, mantra ipnotico che si veste di taranta e strazietà; la sensazione è che con un repertorio maggiore questo gruppo diventerà – se già non lo è – un must dell’alternative italiano.
Il tempo vola ed è quasi la vigilia di natale. Quei ragazzacci degli Zen Circus sono dietro l’angolo, pronti a sparlare di Dio (“L’Amorale”) e a citare in una filastrocca il giro di basso di “Country Death Song” dei Violent Femmes (“Ragazzo Eroe”). Fanno anche gli Statuto nel rock’n’roll di “Milanesi al Mare” e i capopopolo nella lunga “Andate Tutti a Fanculo”, occasione per scherzare e far cantare i fan. È un’ora e venti che alterna i migliori pezzi degli ultimi due album, manca giusto “Vuoti a Perdere” ma senza Nada è più che giustificabile; magari un live discontinuo perché Appino ed Ufo interrompono le canzoni per bisticciare e prendere per i fondelli la rustica gente di Romagna, ma tant’è. Se poi il gruppo ha la fortuna di avere la sua “Canzone di Natale” e di aver composto brani come “Punk Lullaby” che sarebbero tanto piaciuti a Joe Strummer, tanto di cappello. E dedicare la serata al cantante a dieci anni esatti dalla sua scomparsa è quanto di più bello potesse offrire questa kermesse di fine 2012.
(Matteo Maioli)
3 gennaio 2013