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Genuino e simpatico Frei. Il 14 gennaio scorso è uscito “Odissea nello spiazzo”, il suo secondo disco. Il cantautore romagnolo sceglie l’immaginario fantascientifico per raccontare i misteri e le bellezze dell’universo mescolati alla quotidianità della sua terra. Anche se lui (come tanti di noi) nello spazio non ci è ancora andato continua a sognare di esplorarlo e vive così la sua odissea nello spiazzo di casa, sotto una volta celeste che lo lascia senza parole. Lo abbiamo intervistato per saperne di più del nuovo disco e dei progetti per il futuro prossimo, lasagne della domenica a parte.
Ciao Frei. Parto con una domanda spiazzante, citando il titolo dell’album. Cosa ti aspetti da questo 2013? Mi pare cominciato bene, a veder tutte quelle recensioni.
Non ho aspettative particolari, a parte vedere il mio disco in cima a tutte le classifiche, fare un sacco di soldi con i diritti siae e i passaggi radio, una tournée di 50 date per i migliori club italiani, essere chiamato allo Sziget Festival a Budapest come artista di punta, almeno 20.000 mi piace sulla mia pagina facebook e verso la fine dall’anno iniziare a girare con la mia ragazza per le colline a cercare una casa da comperare, mentre al telefono l’Universal e la Warner mi scongiurano di firmare un contratto in cui mi danno carta bianca per il prossimo disco.
Ho notato nel nuovo lavoro un impronta piuttosto rock nella prima parte, più cantautorale nella seconda. Per te quali sono le principali differenze rispetto a “Sulle Tracce della Volpe”?
Sono due dischi completamente diversi, nei suoni, nella produzione artistica e nella stesura delle canzoni. Il primo voleva essere più raccontato (vedi la scelta di un registro alquanto basso) e cercava un punto d’incontro tra la canzone d’autore e i suoni della musica pop (vedi la scelta della produzione artistica). Nel secondo, per le cose che volevo dire, avevo bisogno di cantare di più, di alzare di tono la mia voce, a volte di urlare, per poter arrivare ( o illudermi di arrivare) dallo spiazzo di casa allo spazio infinito. Poi non mi piace per niente l’idea di fare un lavoro uguale o simile al precedente. Il prossimo sarà probabilmente diverso ancora…
Sbaglio o c’è un filo conduttore nel nuovo disco? Citi parafrasando lo spazio ma parli pur sempre della tua terra di Romagna.
Il filo conduttore c’è ma non è la terra di Romagna. Quella c’è per forza perché ci vivo, e quando racconto quello che vivo, racconto qualcosa che ho vissuto in Romagna.
Il filo conduttore sta nell’ultima canzone del primo disco che è “Telefono casa”, la celebre frase pronunciata da E.T. l’alieno, che sta a preannunciare un lavoro che ha come sfondo un panorama pseudo fantascientifico. Ma ovviamente è stato un caso.
Quanto c’è di autobiografico in brani come “Scappo da casa tua” o piuttosto “Spacco l’ufficio”?
Sono autobiografici a metà, nel senso che ho vissuto quelle situazioni che racconto tali e quali, l’unica differenza è che in ufficio alla fine non ho spaccato niente e dalla casa dei genitori della mia ragazza non sono mai scappato, anzi ora ci vado tutte le domeniche e mi mangio due o tre porzioni di lasagne senza pudore.
Come è nata la tua passione per la musica e quali sono gli artisti che ti hanno maggiormente ispirato?
La mia passione è nata quando a 18 anni ho iniziato a strimpellare la chitarra e tutte le sere andavo con i miei compagni di scuola a suonare al porto di Rimini tutte le canzoni che conoscevamo, fino alle 4 di mattina, anche se non c’era nessuno. Anche se pioveva.
Cantavamo le canzoni di Modugno, Dalla, De Gregori, Caputo, De Andre, Battisti, G. e P. Conte, Graziani, Beatles, Bob Dylan, Cohen, Brassens, Brel, Lauzi, Battiato, Tenco, Bindi, Bertoli, Villotti, Gaetano, Rosendo, Sabina, Celentano, Paoli, Vandelli, Dik Dik, Camaleonti, Equipe 84, Drupi, Leali, Mia Martini, Nada, Jannacci, Nicola di Bari, 99 posse, Nirvana, Manu chao, Bob Marley.
Chi mi ha ispirato maggiormente penso si capisca dalle canzoni, anche se tra gli ascolti che faccio negli ultimi 7-8 anni prevalgono contemporanei stranieri, che forse mi influenzano e non me ne accorgo. Gli storici italiani li riascolto raramente.
Quando ti ho sentito a Cervia in aprile l’anno scorso, di spalla a Brunori Sas, eri accompagnato dal solo Dario Giovannini. Cosa dobbiamo aspettarci per questo tour?
Farò concerti in solo chitarra e voce, in duo con Dario o con Michele (due chitarre) e soprattutto in quattro con la band al completo: io alla chitarra e voce, Dario Giovannini al basso, Michele Barbagli alla chitarra ed Enzo Cimino alla Batteria.
(Matteo Maioli)
14 gennaio 2013
foto di Filippo Venturi