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Bologna, Via Stalingrado o forse Stalingrado. Ci si deve avventurare sotto la neve incessante per raggiungere il FreakOut Club, nuovo spazio inaugurato a dicembre, che sorge sotto il ponte della via in questione e che per quanto piccolo e intimo, ha impianto e programmazione da venue di altre dimensioni. Stasera tocca ai METZ, in questo nevoso venerdì di febbraio, arrivati in Italia per tre date. Nei giorni dell’uscita del loro esordio per Sub Pop, avevamo avuto la fortuna di vederli tre volte in tre live straripanti e ammazzatutto a Brooklyn. La risposta del pubblico qui non può essere la stessa, durante “Get Off” è quel nerd rassicurante di Alex Edkins (voce e jazzmaster) a chiedere alla platea di ballare, di muovere il culo. La tempesta di “Headache” e un paio di inediti smuovono un attimo tutti.
Ma neanche l’anestesia ai timpani provocata da cinquanta minuti di METZ – cosa rara, di questi tempi – non basta a giustificare la postura troppo statica del centinaio scarso di presenti (si, ok, la neve, ma…). Poco da aggiungere sul loro live: una miscela incendiaria di sludge, Jesus Lizard, primi Nirvana, echi di Fugazi, Minutemen e chi più ne ha più ne metta. Una scheggia impazzita, ma a suo modo equilibrata, Chris Slorach al basso e il socio Hayden Menzies alla batteria pestano senza mezze misure. “Wet Blanket” è un pezzo che non avrebbe sfigurato nel filone oscuro della seconda metà degli Eighties. Quando li incontri, coi loro skinny, li trovi troppo educati e poco loquaci e ti aspetteresti da un loro live altrettanto pacato. Ma, fidarsi, non è così. Nessun hype, nessuna presa per il culo, i METZ su disco rendono anche poco rispetto a quanto sfoderano sul palco. Sono in tre, ma a partire dal soundcheck, sembrano un treno deragliante guidato da sei o sette elementi. Li avevamo incontrati nel pomeriggio e per motivi di spazio (dentro provavano i Boomerangs, progetto di Francesco Jennifer Gentle) l’intervista è stata fatta all’aperto, più o meno al riparo dalla neve che si infrangeva pericolosamente sul cellulare usato per registrare. Loro, per nulla scalfiti dalle condizioni meteo, sono in camicia e t-shirt.
Di seguito l’intervista dei METZ, direttamente da Stalingrado, come da foto.
La prima domanda è un po’ ovvia, ma tutti si chiedono come siete finiti sotto Sub Pop? Avere un marchio di garanzia del genere, anche nel 2012, trovo sia un riconoscimento non da poco
Alex: Assolutamente. La storia è molto meno avvincente di quello che ci si aspetta. Abbiamo mandato del materiale, e loro c’hanno chiesto di fare un album intero prima di darci la risposta definitiva. Un po’ di tempo è passato, è stata dura, ma ecco com’è andata a finire. Una storia noiosa, insomma.
E’ la vostra prima volta in Europa…
Alex: Sì. Abbiamo iniziato da UK e Parigi. Fantastico. Si respira ovunque una bellissima atmosfera.
E siete finiti stasera in Russia, qui a Stalingrado (che è il nome della strada quassù per il ponte) dopo due date in Italia.
Alex: Siamo abituati, veniamo da Toronto, puoi immaginare. Ci avevano detto che in Italia il clima sarebbe stato diverso…
Chris:LOL. Ma è normale tutta questa neve?
Forse per voi lo sarebbe, ma non del tutto a fine febbraio…
Alex: E domani ci tocca arrivare fino in Croazia…
In bocca al lupo [LOL] Mi chiedevo se c’è o meno una differenza di risposta rispetto agli USA. Vi ho visto alla CMJ Marathon a New York tre volte in tre giorni con tre platee molto diverse. E giorno dopo giorno, quasi come se la vostra popolarità crescesse grazie al passaparola, tutti sembravano sempre più gasati. Nelle prime file si rischiava la vita…
Hayden: Nonostante in Europa ci conoscano da meno tempo, credo che fino a oggi sia stato diverso da città a città. A noi piace molto – ovviamente – quanto il pubblico reagisce in maniera più partecipe, purché non ci si faccia troppo del male.
Alex: E’ stata una vera maratona lì a New York, , prima nel club degli A Place To Bury Strangers, poi nel deposito The Villain per il festival organizzato da Pitchfork, è stato veramente incredibile.
Non solo per l’open bar…
Si, al Pitchork at The Villain non c’erano più di due sobri in platea.
A proposito di tour, siete in giro da qualche anno, nonostante l’LP sia uscito lo scorso ottobre. C’è un incontro in particolare con qualcuno di importante che racconterete ai vostri figli?
Chris: Sicuramente l’incontro più strano è stato con Alexander Hacke (il bassista degli Einsturzende Neubauten). Era lì a Toronto per una roba teatrale, uno spettacolo d’avanguardia organizzato, credo, con sua moglie. Noi avevamo appena suonato, e si è messo a fissare i miei pedali. Puoi ben immaginare l’imbarazzo che si possa provare davanti a una situazione del genere, con un bassista del genere. Mi guarda e mi fa “Il suono del tuo basso è incredibile”.
Wow. Una domanda ovvia, impossibile, ma doverosa, quali sono le band che più vi hanno influenzato, che vi hanno unito in quanto METZ…
Alex: Ce ne sono tantissime, direi nessuna in particolare. Ognuno è partito con le sue peculiarità, spesso ci si incontrava per andare insieme ai concerti, ma sinceramente non saprei elencarne due o tre.
Chris: Suoniamo insieme da cinque anni quindi ce ne sarebbero migliaia. E veniamo da una città che ha centinaia di band, situazioni incredibili che finiscono indirettamente per influenzarti.
Ecco, parliamo un po’ della scena di Toronto, che qui dall’Europa è vista, stereotipando, come il crocevia di supergruppi tendenzialmente “rock”, con mille componenti (sulla scia dei Broken Social Scene), complessi e iperarrangiati. Voi siete tra gli outsider a cui bastano un basso, una chitarra e una batteria per farvi conoscere?
[LOL] Questo credo sia più che altro uno stereotipo. Toronto è una città incredibile, è la migliore città del mondo. Ce n’è per tutti i gusti, sul serio…
Quando, poi per fare un esempio, tra i nomi da noi più popolari, Death From Above 1979 e Crystal Castles, sono un duo.
Esatto, dall’elettronica al rap, al garage, al punk, nella nostra città c’è veramente di tutto. Ci sei mai stato? Vieni a fare un salto, vedrai…
Per l’appunto, qualche nome nuovo da Toronto che consigliate ai lettori di KALPORZ?
Teenanger e Soupcans.
Domanda extra: parliamo di quello che è stato il disco più chiacchierato del mese, “mbv” dei My Bloody Valentine. Vi è piaciuto?
Alex: Incredibile, ha delle chitarre sempre inimitabili, insuperabili anche vent’anni dopo.
Hayden: L’ho ascoltato un po’ a pezzi, ma sembra un grande album.
E suonerete con loro, e tanti altri, al Primavera Sound di Barcelona a fine maggio.
Alex: Si, fantastico. Non vediamo l’ora. Ci hanno detto che è il miglior festival europeo. E dalla line up, pare proprio di sì.
(Piero Merola)
28 Febbraio 2013