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Airick Woodhead è uno svitato 24enne di Toronto, da qualche tempo di stanza a Montreal. È amico dell’artista più chiacchierata del Canada, Grimes. L’avevamo apprezzato in un convulso live nel giorno del Gay Pride (report), ma era stata la stessa Grimes a parlarci di lui, segnalandoci l’album in uscita come miglior “advanced” del 2012. Gli aveva prestato il laptop con cui lei aveva realizzato il successone “Visions”. Lui l’ha rotto, poi in qualche modo l’esordio sotto il nome di Doldrums è arrivato. A Grimes è piaciuto, lui ha iniziato a girare nei circuiti indipendenti ed ora “Lesser Evil” non è più un miraggio, a lungo atteso e anticipato da singoli spaventosamente efficaci (“Jump Up”, “Copper Girl” ed “Egypt” incluso nell’LP). Anti-tecnologico, appassionato di psicologia e monster movie orientali, fantomatico accolito del pensiero biopunk e compositore sgangherato. Woodhead stupisce per l’agilità con cui in undici tracce è riuscito a dare una panoramica ideale del pop elettronico contemporaneo. Dal synth-pop ai momenti da trance più kraut, con tutte le sfumature intermedie, ce n’è davvero per tutti.
“Anomaly” è da risposta maschile (non inganni il falsetto) a Grimes con un’incedere caro ai Crystal Castles del secondo album, quelli riannegati negli Eighties. I ritmi si abbassano, ma il gusto fresco e attuale dei suoni trascina in scenari più digeribili le chimere cacofoniche di Gang Gang Dance, Yeasayer, Black Dice (“Sunrise”). La conclusiva “Painted Black”, ma soprattutto il potenziale tormentone“Egypt” ne è l’esempio più plateale. Le cantilene da versione eunuca di Avey Tare si sposano alla perfezione con dei groove tribali e incessanti, tra synth stridenti e bassi pulsanti e sempre preponderanti.
Anche quando i colori e i contrasti si accentuano, le trame vocali di Woodhead alleggeriscono l’atmosfera. (“She Is The Wave”, “Holographic”) anche grazie al contributo in produzione rispettivamente di Guy Dallas e Sami Blanco. Entrambi sempre di Montreal, entrambi alfieri dell’elettronica più bruciata e visionaria dell’area. Sottofondi nu-rave da matrimonio hipster celebrato da Panda Bear sulle spiagge di Baltimora. Montreal non c’entra nulla, Airick Testadilegno l’ha ribadito più volte, rivendicando con orgoglio i viaggi mentali alla base delle sue creazioni.
La schiettezza DIY di Doldrums sfida imprevedibilmente Bjork in “Golden California” e “Live Forever”. Sul finale svaniscono i bpm effetto centrifuga ed emerge una scrittura di livello. “Lost In Everyone” è un brano che ridarebbe linfa agli ultimi esperimenti di Thom Yorke. Non è un caso insomma, se ormai tre anni fa, gli fu commissionata una cover di “Chase The Tear” dei Portishead.
Mai giudicare una persona dal look, né tanto meno dalle amicizie.
82/100
(Piero Merola)