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Ecco una one woman band necessaria e autosufficiente. Tanto autonoma e completa che potrebbe pure fare a meno dei due o tre ospiti accreditati in qualche brano (Giorgio Canali, che registra pure, Alfonso Santimone, Joe Lally, Luca Bottigliero). Dagger Moth (dai Pazi Mine) incastra frasi e graffi chitarristici, loop elettronici, canto, programmazione noise e interferenze ambientali con elegante e delicata efficienza. Dovrebbe essere una falena ma assomiglia molto di più a un ragno che tesse una trama delicata ma non labile di suggestioni e ragioni. Sottili fili di seta che attraverso un processo di costruzione minimale l’artista annoda e fissa secondo un piano imperscrutabile eppure ottimo per reggere tutto il peso e la tensione espressa.
La scrittura della musicista assomiglia proprio all’ingegneria aracnica. Sceglie infatti una posizione estetica e prospettica obliqua. Lì, al di là della nuova canzone rock inaugurata da Sonic Youth “Daydream Nation” ma prossima alla confessione acustica… E poi si cala liberamente lasciando scorrere un filo di tela sino alla parte opposta del disegno. E qui l’argomento assume importanza… Come il ragno, Dagger Moth secerne la materia prima del propria costruzione. Si tratta ovviamente di qualcosa che è stato precedentemente ingurgitato e digerito e che l’organismo raffina, trasforma, ricicla. Si sentono appunto echi lontani di Blonde Redhead, Massacre, Pj Harvey, Anika, post-hardcore malinconico à la Unwould, Dust Devils e, perché no, Marlene Kuntz. Ma c’è pure spazio per folk-blues bucolici (“Mono no Aware”, “The Log Lady”) e giochi di delay chitarristici che ricordano (!) l’uso di pedali che fece Brian May in pezzi tipo “Brighton Rock”. I brani cantati in inglese riescono a coniugare con stile palpabile umori “alternativi” tipici del rock con arrangiamenti da post-rock elettronico, atmosfere pop ed esercizi folktronici intimi e sporcati dal lo-fi. Gli arpeggi, la polvere del post-punk, i frammenti glitch, le micro-percussioni e i disturbi dream-pop rendono un quadro notturno ben arrangiato e aggiornato dove la voce si stende con personalità, forza e malinconia.
Il progetto è dunque maturo, significativo e non gratuito. Procuratevelo.
75/100
(Giuseppe Franza)
8 aprile 2013