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Woodkid è il nome d’arte di Yoann Lemoine. Nato a Lione nel 1983, ha diretto video di Lana Del Ray, Katy Perry, Drake e ci potremmo fermare qui, volendo. Sì, perchè pochi dati biografici basterebbero per identificare il personaggio. Videomaker di notevoli capacità – basti vedere “Blue jeans” della Del Ray – e artista sulla rampa di lancio, tra l’indipendenza e il blockbuster, si è divertito un bel giorno con la musica pubblicando “Iron” e successivamente “Run boy run”, due EP che hanno riscosso un certo successo. Dico divertito perchè non credo che il quasi trentenne Yoann fin da subito l’abbia presa seriamente questa storiella di fare il cantante con impegno e sudore per giunta. Sta di fatto che ci riprova, questa volta collezionando un po’ dei precedenti EP e inserendoci qua e là cosette nuove.
Il risultato porta il titolo di “Golden age” che nel giro di poco è letteralmente schizzato alla 38a posizione nella UK albums charts e alla 10a nella united world chart. Spirito puro questo Lemoine che non poteva che ripartire da sonorità amiche, per l’appunto quell’alt pop, aggiungendoci una cinematica tra asporto e raffinatezza. E che cinema: provate a sentire il rintocco di campane e il sinth metallico per fortuna addolcito da un campionamento d’archi in “Run boy run”. Sembra di essere in un film di Zemeckis dal finale aperto. Ascoltare per credere il singolo “I love you”, di discendenza cold wave, sentite l’epica di “Great escape” mai autoreferenziale, anzi ci vedrei un pizzico di ironia nelle note più profonde. Sentite “Boat song” che si annuncia dolcissima, come se fosse una canzone di Elton John primissimi ’70 modernizzata da James Ferraro e dove per la seconda volta l’epica fa capolino in un balzo soffuso dei fiati ricordando certe pellicole di Ford. Naturale il riferimento a colossi di sinfonia contemporanea come Morricone o Karaindrou e variopinti schemi di imprimatur neoclassico stile Hegarty. “Stabat mater” utilizza lo sci-fi corredato da puntine soul e stesso paradigma per “Conquest the space” che in più vi inserisce ambienti fluorescenti di blippers.
Ovvio che il prodotto che ci viene proposto trova in sé una formula finale pop, se non troppo pop come nella perfettibile “The shore” che fa l’occhiolino proprio a Del Ray e Adele, ma c’è molto di personale in questo “Golden age”, di intimo e strettamente fisiologico che fa pensare a una certa genuinità di linguaggio musicale. Come prima prova vera e propria per un quasi parvenu della musica, non è per niente male. Da ascoltare con attenzione.
75/100
(Christian Panzano)
30 aprile 2013