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Quando ci si approccia per la prima volta agli Austra e, soprattutto, alla voce della cantante, Katie Stelmanis, si ha la sensazione di ascoltare un singolare connubio tra la Florence Welch meno ariosa e la Zola Jesus meno criptica. In realtà proprio quest’ultima era uno degli accostamenti più immediati che veniva da fare nell’ascoltare il debutto degli Austra, “Feel It Break” del 2011, con quelle atmosfere sospese nelle pulsazioni vibranti e intense dei Cocteau Twins, accese da un’irresistibile vibrazione dark.
Ma in “Olympia” dei vecchi mood dark-wave di stampo ottantino rimangono solo echi qua e là; per esempio nei bassi pesanti di “Forgive Me”, nel ritmo ossessivo che fa tappeto al brano tutto con tanto di colpi di synth, e in quei sample finali che fanno tanto il verso alla dub-step odierna. Permane invece un gusto tutto nordico per l’elettronica che porta i brani a stagliarsi in partiture fredde e taglienti, ma anche d’impatto e di apprezzabile caratura pop. Il disco risulta infatti coeso nel suo portarsi su sfumature più da dance-floor, a partire dal singolo “Home” per finire all’atmosfera estiva di “We become”.
Ma, nonostante l’apertura stilistica a ritmi più allegri e radio-friendly, cosa che invero rappresenta una perdita in quanto le reminiscenze oscure del primo lavoro li avevano caratterizzati e fatti balzare all’attenzione di critica e pubblico, qualcosa in “Olympia” sembra sempre rimanere incompleto. Quando le canzoni terminano si avverte la sensazione che ci sia ancora qualcosa da dire. Perciò, non si può che archiviare il secondo disco degli Austra come una proposta interessante, avvolta però da una coltre di noia. Persa la loro iniziale attitudine, rimane il sapore dolce-amaro di un gruppo capace di fare grandi cose, ma che per ora non si distingue nel marasma di infinite altre proposte musicali a loro affini.
(Raising Girl)
67/100
17 giugno 2013