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Prima volta dei DIIV, in Italia, dopo Padova, la seconda tappa è a Modena nella suggestiva e intima cornice del Sun Agostino, cortile molto DIY appena all’interno delle mura del centro storico. Il live non delude le attese, nonostante la platea si dimostri un po’ fredda e assonnata. Non mancheranno le perle del folgorante esordio “Oshin”, compendio di pop liquido e spigoloso non privo di retrogusto wave e kraut. Per i più appassionati, la band di Brooklyn offre due succosi inediti, “Dust” e un altro pezzo non specificato. Entrambi testimoniano la caldissima vena di Zachary Cole. Qualora ci fossero ancora dubbi, insomma, i DIIV non sono una band figlia dell’hype. L’autentica qualità compositiva e il gusto, dal vivo, sembrano indiscussi.
È vero, la band dell’ex Beach Fossils Zachary Cole Smith negli ultimi due anni ha fatto il botto. Lui è diventato il partner della chiacchieratissima Sky Ferreira, e nonostante quello stile da spaventapasseri neo-grunge – vaga rivisitazione hipster di Cobain – è finito immortalato col suo casco biondo a posare e sfilare per Saint Laurent Paris. Ma tutto ciò non sembra aver scalfito il loro mood molto a basso profilo. Timido e schivo, Zachary Cole ci accoglie insieme agli altri quattro soci nel piccolo camerino del Sun Agostino. Secco e anemico da far paura sgranocchia un gambo di sedano preso dal buffet rigorosamente vegetariano messo a loro disposizione. Accetto di buon grado una birra e si comincia a parlare del passato, di improbabili amici in comune e del futuro, con il nuovo attesissimo album in preparazione. Gli altri DIIV – Colby Hewitt (ex batterista Smith Westerns), Andrew Bailey l’amico d’adolescenza di Zachary Cole e Devin Perez – sembrano letteralmente affondati ed eclissati nel divanetto di riferimento. Il frontman si muove inquieto nella stanza per tutta la durata dell’intervista.
È la vostra prima volta in Italia? Che ve ne pare?
Zachary Cole: È la prima volta in Italia, come DIIV. Io però ci sono già stato coi Beach Fossils due o tre anni fa. Diciamo che è la prima volta nella Penisola.
Cioè?
ZC: Altre volte siamo stati più a sud. Credo si dica Penisola? Com’è che si dice? (rivolgendosi a Colby)
Colby: Qui siamo nella Penisola?
Credo che tutta l’Italia sia una penisola, in realtà.
(risate)
ZC: Si, forse hai ragione.
Entriamo nel vivo, ti andrebbe di parlare del prossimo album?
Andrew & Colby: Ah, ma è un’intervista?
Sì. A quanto pare…
(risate)
Andrew: Bella maglietta, Unknown Mortal Orchestra, siamo andati in tour con loro l’estate scorsa.
Si, c’ero. Al Rock’n’Roll Hotel, con Doldrums, bella serata (live report)…
Andrew: Figo. Anch’io indossavo quella maglietta tutto il tempo. Un tour e una band veramente figa, gli UMO.
ZC: Ah, eri lì? Come mai?
Colby: Ti ha detto che ha vissuto a NYC!
(risate)
Sì, vi ho visto anche lì. L’anno scorso ho visto più spesso voi dei miei coinquilini, suonavate praticamente ovunque a New York, ad esempio alla CMJ Marathon, eravate onnipresenti.
ZC: Eh sì, suonavamo sempre. Tornando al prossimo disco, se “Oshin” era molto più incentrato sui suoni, il nuovo sarà molto più incentrato sulle voci. Molto intimo, molto Elliott Smith come approccio.
Avete partecipato tutti insieme alla composizione, o è tutta roba tua?
ZC: Per ora è tutta farina del mio sacco, ci sono una trentina di canzoni, poi si vedrà.
Suonerete qualcosa stasera?
ZC: Si, ne suoneremo un paio che stiamo testando in questo tour europeo e che abbiamo suonato già a New York, come “Dust”.
Quando pensate che uscirà?
ZC: Non prima del prossimo anno, siamo già ad agosto e ci vorrebbero comunque i tempi tecnici di quattro mesi per farlo uscire. Dovrebbe uscire sempre per Captured Tracks, in primavera.
La prima volta che vi ho visto vi chiamavate ancora DIVE ed era in un live al 285 Kent di supporto a Minks e Beach Fossils. Qualche mese dopo siete finiti a suonare al David Letterman. L’avreste mai detto all’epoca?
ZC: Rischiarono il fallimento con quel live al Kent, non era nemmeno sold out. Comunque, sì, è stata una parabola completamente inattesa. Una bella sorpresa, ma abbiamo lavorato sodo. Come hai detto, abbiamo suonato praticamente ogni giorno e alla fine è successo. Abbiamo fatto sì che succedesse.
[Il 285 Kent è lo stesso club da cui sono tratte le riprese del videoclip ufficiale di “Doused”, insieme allo Shea Stadium una delle venue dove la band ha mosso i primi passi a Brooklyn]
Abitate tutti ancora a Brooklyn? Cosa pensate veramente della famigerata scena di Brooklyn?
[Annuisce anche il taciturno bassista Devin Perez che mi rivelerà di essere l’unica persona, insieme al batterista dei Real Estate, veramente nata e cresciuta a Williamsburg, Zachary Cole e Andrew vengono dal Connecticut, Colby viene dalla California. L’ultimo ricordo che avevo di lui è una festa al 285 Kent in cui travestito da Babbo Natale cercava di asciugare la merda di un cesso intasato, insieme al celebre gestore Todd Patrick #best2012moments]
ZC: Non c’è una vera scena, è tutta una questione di internet e di ciò che si scrive sul web. Se si va a scavare negli archivi di Brooklyn per ripescare tutto quello che succedeva negli anni Sessanta, si scopre la vera scena. Con migliaia di artisti molto attivi di ogni sorta, gente che dava lezioni e imparava a suonare strumenti. Film, opere d’arte, quella era una vera scena. Oggi è solo costruita.
Nonostante ci siano molte band ed etichette?
ZC: Si, ci sono molte band che hanno opportunità di suonare nei numerosissimi live club, ma non c’è una scena.
C’è qualche nuova band da Brooklyn che vi piace particolarmente?
ZC: Senz’altro i Weekend (originari di San Francisco, il nuovo LP è in uscita il 23 luglio)
Andrew: Mac DeMarco, che ora si è trasferito a New York.
ZC: C’è un altra band molto figa, si chiamano LODRO.
Sì, li ho conosciuti di persona, Lesley Hann, Jeremy e Jigmae Baer ex Royal Baths, vero?
Colby: Ah, li conosci di persona, Jigmae sta abitando nel mio appartamento mentre noi siamo in giro…
ZC: Conosci Lesley? Assurdo. Come?
Gli altri li avevo conosciuti a Milano, anche Turner. Poi li ho beccati tutti insieme al Glasslands…
Colby: Anche New York è così piccola a quanto pare.
Ora passiamo a un tasto dolente per molti vostri fan europei che a fine maggio pensavano di vedervi dal vivo. All’improvviso è arrivato l’annuncio della cancellazione di alcune date (tra cui quella al Primavera Sound). Sono subito partite le speculazioni dopo la news di NME, tanto da far credere che non ne potessi più del tour, di andare a suonare in giro. Cos’è successo veramente?
ZC: Quel tour programmato per la fine della primavera era un vero incubo, a partire dall’organizzazione dei voli e dei trasporti ci sarebbe costato 5-6000 euro o anche di più. Non c’era un driver, non c’era un tour manager. Era tutto lasciato al caso. Noi intanto eravamo in California per il tour, dal nostro agente non arrivavano notizie rassicuranti a riguardo. E così abbiamo deciso di cancellare tutto. Il lavoro di agenzie di booking e tour manager è quello di guadagnare dei soldi. Perciò spesso cercano di accelerare le cose pur di riuscire a tirare su una leg di date. A loro importa solo della loro percentuale, non conta l’aspetto artistico, tutte stronzate, e se qualcosa va storto, cercano solo di convincerti che andrà tutto bene.
Andrew: Ma alla fine abbiamo cambiato contatti, ed ora eccoci qui.
Ultima domanda: in un’intervista recente, ho letto che la tua ragazza Sky Ferreira ti ha salvato la vita. Cosa volevi dire? Era solo una trascrizione ad effetto di Pitchfork? Dicci di più…
Andrew: Non credo ti abbia fisicamente salvato la vita, mentre, tipo, stavi annegando o stavi per morire. Vero?
ZC: Era un periodo di depressione, l’ho superato grazie a lei ed è quello che penso veramente.
Non è qui con te in Europa, ora?
ZC: No, è in tour in California, e anche lei sta vivendo gli stessi problemi di live booking e management che abbiamo superato a fatica per venire in Europa. È una dura lotta…
foto a cura di Chiara Donati
(Piero Merola)
22 luglio 2013