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Un ottovolante. La metafora più corretta è quella che fa riferimento ad una giostra perché il concerto dei Black Angels di Ferrara è stata un’esperienza altalenante: folgorante a tratti, in discesa in alcuni altri punti, con molti brividi e qualche passaggio (pochi) da Brucomela.
Ma andiamo per ordine. Innanzitutto andarsi a vedere un live a Ferrara Sotto Le Stelle a luglio è come mangiare i tortellini in brodo a Natale: un vero must, una tradizione che oramai ha fatto breccia nel nostro cuore. Stavolta il palco non è in Piazza Castello, bensì nel cortile del Castello, il che si è dimostrata a posteriori una scelta azzeccata. Probabilmente i Black Angels non avrebbero riempito tutta l’altra cornice, pur essendo l’unica data italiana, e dunque l’opzione di un luogo più raccolto è stata sia logica che riuscita. Anche l’audio – sul quale si poteva nutrire dubbi a causa del posizionamento tra quattro mura di un chiostro – è andato ok.
L’impressione che fa trasparire la band di Austin sul palco è quella di un gruppo rodato che bada al sodo, senza fronzoli (praticamente non una parola da Alex Maas tra un pezzo e l’altro), che non ha bisogno di stupire con look o altri ammennicoli: solo sudore, stoner-rock e psichedelia. L’elemento più forte a livello scenico, come presenza, è certamente la batterista Stephanie Bailey, ma non per questioni estetiche, semplicemente perché – con lo sguardo fisso e serio da soldato – trasmette la determinazione di un kamikaze giapponese.
Sarà che l’ultimo “Indigo Meadow” è un disco che spacca il culo, fatto sta che i brani dell’ultimo album funzionano di brutto, tra voglia di battere le mani (“Don’t Play With Guns”), tentazioni alla White Stripes (“Broken Soldier”) e trip estasiatici (“Holland”). Largo spazio anche a vecchi cavalli di battaglia: “Black Grease”, “Entrance Song” ma soprattutto la criptica “Bad Vibrations”, a dimostrazione che se i Black Angels hanno vinto la schedina con “Indigo Meadow”, qualche gratta e vinci c’erano anche sparsi qua e là in “Phosphene Dream” e nei precedenti.
Ogni tanto c’è qualche blackout nel senso che i B.A. paiono quasi stanchi, un po’ suonatori di mestiere, poi nella canzone immediatamente dopo si ributtano a capofitto nella passione lisergica e negli effetti a go-go. La chiusura è affidata a “Black Isn’t Black”: quando a metà il pezzo parte si materializzano i Black Sabbath che prendono una tequila con i Velvet Underground, si salta a più non posso e si rischia pure di perdere il portafoglio.
Meglio tenersi qualche soldo per tornarseli a vedere, i Black Angels (che saranno – notizia diffusa ieri – il 30 settembre a Roma al Circolo Degli Artisti e il 1° ottobre a Ravenna, al Bronson).
(Paolo Bardelli)
11 luglio 2013
foto di Chiara Ugosetti / Tease Vùrlens