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Nessuno avrebbe immaginato ai tempi di “Street Horrrsing” che i Fuck Buttons sarebbero finiti come la regina e James Bond nella colonna sonora della cerimonia inaugurale dei giochi olimpici di Londra. Con “Olympians”, scherzi del destino, e il classico trance “Surf Solar”. Le cose che non t’aspetti da un Paese che ancora sulle radio nazionali li chiama F Buttons per evitare di pronunciare quel “fuck” scomodo e immorale. La svolta è arrivata a tre anni di distanza dal disco, della svolta – “Tarot Sport” – dopo il difficile ma promettente esordio, allora prodotto da John Cummings degli amici Mogwai. Per il terzo capitolo della saga Fuck Buttons, al timone non c’è più quel buontempone di sir Andrew Weatherall che aveva reso parzialmente più movimentate ed “esotiche” (doppie virgolette) le suite psicotiche e avvolgenti di Benjamin Power e Andrew Hung. “Slow Focus” è stato partorito in autoproduzione in quasi quattro anni, ma il famelico rumorismo dei due non si è placato.
I cinquantadue minuti di passione multisensoriale si aprono con “Brainfreeze”, alienante rapsodia EBM che annebbia subito la vista. Ancora in “Year Of The Dog” si avverte una certa ansia vintage da elettronica teutonica degli albori. Ma è solo un break, un viatico che apre alle pulsioni industriali di “The Red Wing”. Il primo epico estratto aveva subito presentato questo tipo di soluzioni che non sono mai mancate nel duo, ma che in “Slow Focus” emergono in maniera molto netta. I due provano a essere molto pre-digitali negli avvolgenti strati ipnotici e siderali che caratterizzano le loro tracce (vedi “Prince’s Prize” da rivisitazione anni Novanta di precedenti rivisitazioni). E ci riescono bene. Il meglio, però, deve ancora arrivare. Con “Sentients” si fa finalmente sul serio. Sette minuti di angoscianti tribalità che ondeggiano tra i groove cari a Wolf Eyes e Black Dice. E quella voce robotica travolta da una torrenziale scarica di synth dal retrogusto gotico. Un remix potrebbe renderlo il capolavoro techno dell’anno. Stesso copione dei dieci minuti “Stalker” che sembra figlia meno illegittima delle precedenti produzioni, capolavoro sinfonico di quel noise elettronico che hanno ormai codificato a loro immagine e somiglianza. Il crescendo finale suonerà pur autoreferenziale ormai, ma finisce per togliere il fiato anche agli abitué di certe equalizzazioni.
Sono senza freno i Fuck Buttons, ogni barriera è abbattuta definitivamente nella conclusiva altalenante “Hidden XS” con le distorsioni che si sotterrano e riemergono nei momenti più giusti e attesi tra le spettrali orchestrazioni. Tutto così scontato e così efficace. I Fuck Buttons con il minimo sforzo hanno sfornato un altro album dal valore inoppugnabile, già predestinato alle top ten di fine anno.
Il 22 luglio 2013 non è nato nessun principe, il 22 luglio 2013 è “Slow Focus”.
86/100
(Piero Merola)
1 agosto 2013