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Molti artisti o presunti tali rivendicano, con faccia tosta e un velo di ipocrisia, genuinità e sincerità. Per Hunx, aka Seth Bogart, non sono i soliti comunicati stampa/operazioni di marketing a parlare, ma i fatti. Bogart, originario di Oakland (California), comincia a scrivere canzoni all’età di quattordici anni e nei testi è semplicemente se stesso, anche se suona banale dirlo: gay, sarcastico, sagace e folle. Un vulcano esplosivo di idee. Non pone limiti alla propria creatività, partecipa ai progetti più disparati: suona e canta nella band electroclash, Gravy Train !!!, appare nudo nel video “Lust for life” dei Girls e trova anche il tempo per due lavori da solista, il disco garage-pop “Hairdresser Blues” (2012) e il singolo dance “I want to suck your cock” (2012).
Gli Hunx and his punx sono la sua creatura principale e dopo due anni dal disco d’esordio “Too young to be in love” (2011), prodotto da Ivan Julian (chitarrista dei Richard Hell and the Voidoids), Hunx ritorna con un nuovo disco, questa volta registrato in un paio di giorni da Facundo Barmudez (Mika Miko, No Age). La scelta del produttore non avrebbe potuto essere più azzeccata, Barmudez è l’uomo giusto al momento giusto, perfetto per “Street Punk”, album che segna l’abbandono delle sonorità bubblegum del debutto. Spariscono i riferimenti al pop anni ’50 e ’60 di formazioni femminili come Ronettes e Shangri-las, rimane solo il garage degli esordi, sporcato dal punk, quello di strada, come da titolo.
Hunx si rifà in modo più che mai fedele ai canoni del punk : canzoni brevi e veloci. Fatta eccezione per “Born Blonde” e “It’s not Easy”, i brani non superano i due minuti di durata. Questa fedeltà di fondo è dichiarata fin dalla copertina, che è a tutti gli effetti un manifesto d’intenti. Hunx e le sue punkettes in dodici brani e nemmeno mezz’ora di musica riaccendono il sacro fuoco del punk e lo spirito riot grrrl, personificato dalla voce pungente e irriverente di Shannon Shaw (“You think you’re tough”, “Mud in your eyes”, “Kill Elaine”). Hunx & Co. non ti fregano, fanno punk e non si stancano mai di ribadirlo, con rabbia, strafottenza ed ironia (“Everyone’s a pussy”, “Don’t call me fabulous”).
“Street Punk” è un disco revival, nella migliore accezione del termine: si ripropone un linguaggio musicale “vecchio” (il punk) e lo si attualizza. Non è da tutti proporre una cover dei primi Beastie Boys hardcore-punk (“Egg raid mojo”) senza risultare banali. Il pregio maggiore degli Hunx and his punx è il rifiuto dei limiti di velocità (musicali), “Street Punk” non sarà il disco che rivoluzionerà la storia della musica, ma vi farà pogare a più non posso. Garantito.
70/100
(Monica Mazzoli)
6 agosto 2013