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Questo report altri non è che la cronaca di una luuunga giornata di (ordinaria) follia post-stagione. Senza inibizioni ed al massimo dei giri in stile “Ibiza Wonderland”. Con i suoi pro e contro.
Il Closing Party dell’Ibiza Rocks prende via già alle 14 nella baia di San Antonio, luogo del delitto una barca tutt’altro che tranquilla. La notizia web che riporta l’assenza di alcolici a bordo è da subito ovviamente smentita: due sangrie a testa in omaggio a tutti i passeggeri. Entusiasmo a mille per noi tre unici italiani a bordo, circondati da ragazzi spagnoli e fighette inglesi piuttosto allegre (da ricordare un pazzo di Birmingham, sveglio da due giorni interi ci offre giri di sambuche e mi ribattezza… MATTA!). Il tutto condito dal dj-set di Nicola Bear, Resident dei mercoledì dell’Ibiza Rocks Hotel, a base di disco-pop-revival anni novanta e duemila. Ovvia la venerazione dei presenti al passaggio di “When The Sun Goes Down” dei Monkeys e “Born Slippy” degli Underworld, con un simpatico intermezzo chitarristico fatto di covers di “Get Lucky”, Avicii e Rihanna che ha accompagnato il momento del bagno in mare. Esaurita così la doverosa premessa, per la serie cosa vi siete persi, vengo al dunque.
Con la mente lucida suggerisco alla truppa di noleggiare un auto: ci troviamo in albergo a Playa D’en Bossa, ad una ventina di chilometri dall’Ibiza Rocks, se ne andrebbero troppi euro in taxi. Ci accoglie una location superlativa, seppur nascosta nel casco antiguo, dove le consumazioni al bar si trasformano in fiches del casinò e la Bear può sfogare in consolle la sua passione per l’indie rock inglese. Verso le 22 salgono sul palco i Jagwar Ma; il trio di Sydney ha dato alle stampe l’ottimo “Howlin’” ai primi di Giugno e ne sta raccogliendo i frutti sperati in giro per il mondo, in particolare nel Regno Unito. Si capisce dal sound che permea “What Love”, ispirato dagli Happy Mondays e dalla scena di Bristol, così come dalla bella melodia di “Let Her Go” che mi fa pensare ai Supergrass. Altrove – e per la gioia di un pubblico già brillo – è l’elettronica a farla da padrona: “Four” è spinta al limite del rave, “Exercise” eccede in una coda spericolata di effetti e vocoder. Chiude un set convincente “The Throw”, manifesto del gruppo che unisce i Primal Scream di inizio anni novanta alle attuali tendenze elettroniche del continente, Berlino in testa.
Sono quasi le 23 quando arriva l’act più atteso, cinque ragazzi di Oxford che rispondono al nome di Foals. Apro una parentesi doverosa su questo gruppo che in poco più di cinque anni ha guadagnato una notorietà tale da affiancarsi nei favori della critica a nomi quali Franz Ferdinand e Arctic Monkeys, producendo un album, “Holy Fire”, rappresentativo della propria classe, il terzo come ai tempi lo era stato per Blur e Radiohead. E qui chiudo con una provocazione: ma ce li vedete i Radiohead nel tour di “Ok Computer” non suonare più i brani di “The Bends”? Perchè in un’oretta scarsa di concerto dei Foals, undici pezzi compresi i bis, hanno avuto il sopravvento quelli di “Antidotes”, molto simili tra loro nell’essere veloci e a presa rapida, ma che Bloc Party e Maximo Park suonavano a ripetizione a metà del decennio scorso. A scapito di “Blue Blood”, l’ultimo singolo “Bad Habit”, “Miami”… La sola “Spanish Sahara”, un pò svogliata tra l’altro, proviene da “Total Life Forever”, per chi scrive il loro miglior album. Mancano insomma quella profondità emozionale che garantisce ai Foals di alzarsi sopra la media dei gruppi rivali su disco, un paio di “Late Night” (splendida con quel piano soffuso) in più nel lotto. Però momenti intensi li garantiscono “Inhaler” (Jane’s Addiction nel refrain?) e soprattutto “Providence”, un giro heavy ripetuto allo stremo che scatena pogo e stage-diving. Belle anche “Electric Bloom” e “My Number” con il suo coretto anthemico; chiude “Two Steps, Twice” con Yannis Philippakis tarantolato sul cornicione dell’Ibiza Rocks Hotel, i Jagwar Ma ospiti, stop and go al cardiopalma.
Solo discreti per questa sera, anche se con un repertorio del genere non hai nulla da dimostrare. Forse il poco tempo a disposizione, forse la necessità di accontentare i numerosi e scatenati fan di terra d’Albione. Canta un popolare rocker nostrano: “Forse era giusto così, forse ma forse ma sì.”
Le scalette dei live:
Jagwar Ma
What Love
Uncertainty
Man I Need
Exercise
Let her go
Come save me
Four
The Throw
Foals
Prelude
Olympic Airways
Balloons
My Number
Providence
Spanish Sahara
Red Socks Pugie
Late Night
Electric Bloom
Inhaler
Two Steps, Twice
(Matteo Maioli)
26 Settembre 2013