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Il rock. Quaranta minuti, una dozzina di canzoni che sembrano appena accennate. Poche parole, molta sostanza: fondamentale, quando si suona praticamente ogni sera e in ogni parte del mondo.
Eppure non è così semplice descrivere uno show degli Iceage, da un punto di vista del genere proposto; un momento tirano in ballo la velocità di esecuzione dei Motorhead, poi rallentano immergendoci in un suono monolitico e pesante memore dei Joy Division. Restando sempre, a loro modo, unici ed originali. Trattassimo di letteratura, penserei alla corrente dello Sturm und Drang, cioè Tempesta e Assalto. Che si può mediare con ottime doti melodiche, un esempio ne sono oltreoceano i Japandroids. L’ultimo “You’re Nothing”, licenziato dalla Matador e netto passo in avanti rispetto a “New Brigade”, è riproposto quasi per intero. Come dire viviamoci al massimo il nostro presente ma diventiamo adulti, non esistono solo il punk e l’indie-rock anni zero.
Lo testimoniano la splendida “Everything Drifts” con le sue impennate rabbiose e i frequenti cambi di registro; “Coalition”, quasi un brano dei primi U2 sparato al fulmicotone e la finale “Ecstasy” della quale dicono gli stessi Iceage “We wanted to give the song a feeling similar to being on ecstasy”. Inoltre aggiungono in un’intervista, “The feeling we want to provoke is more about being in the eye of the tornado, as opposed to actually being the tornado”. Parole da rinnovatori della stantia scena rock, e non epigoni di chissà quale band del passato.
Un ultimo appunto mi sento di farlo sul look dei quattro, curioso perchè al Locomotiv sembravano messi lì insieme per la prima volta. Il batterista parte con un anacronistico giubbottino di pelle per terminare il concerto a petto nudo; bassista in t-shirt slabrata, chitarrista in camicia con ciuffo di capelli new wave. Discorso a parte merita il cantante Elias Bender Rønnenfelt, che sembra uno di quei modelli di Calvin Klein, voto dieci per presenza sul palco nel segno di Henry Rollins e Johnny Rotten.
Dimenticavo che ad aprire gli irrequieti danesi sono stati i Modotti, trio ferrarese post-hardcore i cui due chitarristi si alternano alla voce, in stile Fugazi. Tra i titoli spiccano “Marcello”, “Stazione Termini” e la bella jam “A Torto”; fanno sorridere presentando l’ultimo pezzo, “finito due giorni fa”. Stanno al gioco, sbagliano e la ricominciano due volte. Anche questo è rock, no?
This Is Music, dicevano i Verve.
PS. Unica pecca l’assenza di merchandising. Forse anche questo è hype, ma chissà quanto ne avevano dietro ai propri concerti Velvet Underground, Joy Division e compagnia bella.
https://soundcloud.com/djmadi-2/iceage-youre-nothing
(Matteo Maioli)
11 novembre 2013