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Il geniale Mike Scott accompagnato dalla miglior band immaginabile. In scaletta, oltre all’immortale manifesto “The Whole Of The Moon”, classici di Bob Dylan, Ray Charles, Hank Williams: un’enciclopedia della musica del secolo scorso. Signore e signori, i Waterboys sono di nuovo tra noi. E sono tornati per stupire.
In un Auditorium (purtroppo) tutt’altro che esaurito e molto composto, il quintetto scozzese ha sciorinato il meglio del proprio repertorio di fine anni Ottanta, attingendo in particolare dal prezioso “Fisherman’s Box” uscito pochi mesi fa. Molti di quei brani allora inediti sono vere e proprie perle, ed il nostro racconto della serata inizia proprio da qui: da quel trascinante numero up-tempo che è “Higherbound”, condotto da Steve Wickham, una delle più famose fiddle del rock grazie a “Sunday Bloody Sunday”. È invece il sax di Anthony Thistlewaite a farla da padrone in “Tenderfootin’”, pezzo blue-eyed soul ma con sfumature Roxy Music; “Blues For Your Baby” appartiene, lo dice il titolo, alle radici stesse della musica con l’aggiunta di una strepitosa performance vocale di Scott. “Stranger To Me” suona curiosamente simile a “A Good Man Is Hard To Find”, outtake di “Born In The USA” di Springsteen, con un cuore più country.
Ma ci sono anche i Waterboys più noti al grande pubblico, e si passa dal delicato arpeggio di “Strangeboat” con quella malinconia che farebbe piangere anche Hitler al loro primo grande successo, “A Girl Called Johnny”. “Don’t Bang The Drum”, la favorita del sottoscritto, è riarrangiata in una piano-ballad perdendo parte dell’impeto dell’originale datata 1985 (come l’ultimo Peter Gabriel che coverizza “Heroes”). “We Will Not Be Lovers” è il momento più energico dell’intero concerto, “Fisherman’s Blues” quello più atteso in cui finalmente il pubblico si alza in piedi e avanza verso il palco. Peccato manchino all’appello “And A Bang On The Ear”, che ci sarebbe stata benissimo in un set così sui generis, e la floydiana “The Big Music”.
La partecipazione finale del pubblico per i bis ripaga il clima da salotto della serata, alimentato dall’intolleranza per macchine fotografiche e telefoni di nuova generazione delle maschere in teatro. Un uomo tenta di salire sul palco, un altro urla disapprovazione per le canzoni proposte da Scott e soci. Prontamente zittito proprio dal leader dei Waterboys, fedele alla linea adottata in questo tour, a metà tra America cantautorale e torride jam di folk irlandese. Non ha nemmeno mancato, Mike, di raccontare aneddoti del gruppo e della sua vita (splendida la confessione dietro a “Come Live With Me”) e ringraziare più volte Bologna. La classe (non) è acqua.
La scaletta:
StrangeBoat Higherbound A Girl Called Johnny
Girl From The North Country (Bob Dylan cover)
Stranger To Me
When Ye Go Away
Tenderfootin’ When Will We Be Married?
Come Live With Me (Ray Charles cover)
The Raggle Taggle Gypsy (Traditional cover)
We Will Not Be Lovers
I’m So Lonesome I Could Cry (Hank Williams cover)
Blues For Your Baby
Don’t Bang The Drum
Sweet Thing (Van Morrison cover)
Fisherman’s Blues
Dunford’s Fancy
The Whole Of The Moon
On My Way To Heaven
Saints And Angels
(Matteo Maioli)
14 dicembre 2013
immagine tratta dalla copertina di “Fisherman’s Box”