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Da sempre e come ogni anno, la stagione delle classifiche scalda a cento gradi l’ego di chi scrive di musica. E figuriamoci come bolle dentro Enrico Stradi, che per l’occasione non solo scrive di sé stesso in terza persona, ma per il 2013 si improvvisa sociologo, ideando due classifiche parallele. Alè.
TOP 10 “APERITIF”
La classifica “Aperitif” raccoglie tutti i dischi elettronicy, fighetty, suoni giusty.
Dischi freddi o caldi, forti o piano, ma che esprimono tutti un certa insofferenza verso le parole, che non ci sono e se ci sono non sono importanti. Mai come quest’anno si è sentito il bisogno di silenzio, e di suoni che ingombrassero la testa pur restando muti.
La classifica “Aperitif” racconta il su&giù del Duemilatredici, dischi frivoli e dischi pesanti, mojiti e amari lucani. A volte pure funghetty.
Disclosure – Settle
Quest’estate sono andato in vacanza coi miei amici in Croazia. In sei in una macchina demmerda a sette posti. Parole chiave della vacanza: sudore, caldo, file in autostrada, foreste al buio, vetri rotti, Jägermeister, Jägermeister, Jägermeister. A fare da colonna sonora a tutto questo c’era “Settle”: quattordici pezzi da ballare e basta, perfetti. Che freschezza.
Julie’s Haircut – Ashram Equinox
Come ho già detto in più occasioni riguardo a questo disco: “Viva viva viva i musicisti che si drogano”. Un lavoro enorme, visuale e sonico, un viaggione multisensoriale che non finisce una volta finito il disco, un loop che cresce col tempo. I Julie’s sono in formissima.
Forest Swords – Engravings
Una delle ultime cose ascoltate. Un disco che taglia, sanguina, urla e si lamenta ferito. Forse l’entusiasmo si spegnerà ma forse no, per ora il livello è altissimo.
Jon Hopkins – Immunity
Un disco protagonista. Jon Hopkins tocca il proprio cielo personale con un dito, e ora viene voglia di sapere dove arriverà col tempo.
Julianna Barwick – Nepenthe
Musica lunare. O musica di posti sperduti. Un disco che non si riesce bene a spiegare se non così: “nella mitologia greca, il nepenthe è una bevanda che attenua i dolori fisici e fa dimenticare le sofferenze spirituali” (da dizionari.corriere.it).
Arcade Fire – Reflektor
Un disco molto più che protagonista: praticamente un “disco-Renzi”.
M+A – These Days
Un disco italiano che non sembra italiano. Frullato ben riuscito di disco, soul, motown, Beck.
Tempelhof – Frozen Dancers
Un altro disco italiano che non sembra italiano. I Tempelhof mischiano l’ambient con l’elettronica, il post-rock con il dub. Ne esce un sico ghiacciato, gelido, un gioiellino per l’inverno.
Washed Out – Paracosm
Un disco giusto, che prova a suonare alla moda. Ci riesce abbastanza bene, soprattutto nei momenti più dream-pop. Forse citazionista ma pur sempre di buone citazioni.
Mount Kimbie – Cold Spring Fault Less Youth
Molto in alto subito, cala col tempo. Doveva consolidare i consensi del primo disco e raccoglierne di nuovi, c’è riuscito ma poi stanca. In classifica comunque per dovere di cronaca.
TOP 10 “OLD IS GOLD”
La classifica “Old Is Gold” tiene insieme i vecchioni. “Vecchioni” non necessariamente con l’età ma di attitudine: quelli che le loro cose le fanno come hanno fatto sempre, coi soliti vestiti, l’eventuale odore di naftalina, ma anche quelli a cui l’odore di naftalina piace e lo vogliono anche per loro. Dischi come una volta, con le canzoni con le parole, i testi, gli occhi umidi, i suoni riconoscibili e che piacciono sempre tanto, tanto.
The National – Trouble Will Find Me
I National fanno canzoni per quelli che hanno qualcuno a cui vogliono molto bene. “Trouble Will Find Me” è il disco che potrebbe far invecchiare i National, per certi aspetti lo fa anche. Ma è un modo di invecchiare che sorprende: pur restando elegantissimi, sono i momenti di inaspettata energia che convincono ancora parecchio.
Nick Cave – Push The Sky Away
Nick Cave è quel tizio che quando torna con un disco nuovo ti guarda dritto negli occhi e ti dice “ma che cazzo ascolti”. Senza il punto di domanda, proprio “ma che cazzo ascolti”.
Mazzy Star – Seasons Of Your Day
Disco per la domenica a due. Tutte le domeniche di tutte le stagioni. Caldo, curvo, armonioso, romantico, dolce e rilassato. Ottimo ritorno, bravi.
Kurt Vile – Wakin On A Pretty Daze
Disco per quando si è in due e si fanno i viaggi in autostrada sotto il sole. Ogni anno ce n’è uno e questo è l’anno di Kurt Vile. Convince per aver vinto la sfida di rimanere forti anche andando piano. Soprattutto andando piano.
Massimo Volume – Aspettando I Barbari
Cazzotti nella pancia, sul naso, negli occhi, bombe nelle orecchie, nel cuore, nelle ghiandole lacrimali.
Matthew E. White – Big Inner
Disco sorpresa. Cose così mica le ho mai ascoltate, e invece. Soul e ritmo che convincono, piacciono, rimangono in testa.
Waxahatchee – Cerulean Salt
Tipina dal nome impronunciabile che suona un disco talmente anni ’90 che se non vi piace allora siete delle persone false.
David Bowie – The Next Day
Discone sottovalutato. Si riprende alla grande col tempo e il giusto mood. Scusami David.
Vampire Weekend – Modern Vampires Of The City
“Toh!”
Arctic Monkeys – AM
“Toh!”
Flaming Lips – The Terror
A prescindere. Anche con questo ultimo, che quasi spaventa, come il titolo. Si asciuga dal fascino colorato degli ultimi episodi e restituisce un suono crudo, che si divora da solo. Un disco difficile, che buio.
TOP 3 COVER
Forest Swords – Engravings
The National – Trouble Will Find Me
Kurt Vile – Wakin On A Pretty Daze
(Enrico Stradi)
3 gennaio 2014