Share This Article
Questo disco pò esse Fero o pò esse Piuma.
I primi tre pezzi sono certamente Fero. Una mazzata nei denti che ti stordisce, ti lacera, ti obbliga ad alzare il volume per sentire meglio le distorsioni. Come degli Stooges assetati di sangue, anche i tre fratelli Carney puntano su una fisicità diretta, piena di elettricità e canzoni brevissime che stendono al suolo per la loro violenza. “Innocence”, “Lack Lustre Rush” e “Ghost” aprono il nuovo lavoro dei Pontiak in maniera esplosiva, proto-punk ossessivo e cattivo che personalmente vorrei non finisse mai; difatti se la predisposizione per lunghe jam psichedeliche potrà dare grandi soddisfazioni in territorio live, su disco si tende a cercare l’essenza.
Poi però cambia, o si quieta per un attimo, il vento, ed ecco che la Piuma si presenta sotto il segno del folk. Non quello bucolico, arioso e malinconico ma un folk che nasconde sporcizia, riff da pelle d’oca come in “Moble Heads” e canzoni davvero stellari che possono essere acustiche per poi diventare esplosioni di colori e girotondi psichedelici. Me li immagino felici, Van (chitarra e voce), Jennings (organo e basso) e Lain (batteria), a cercare la tradizione americana fuori dalla finestra del loro studio-fattoria in Virginia. Per poi rigettare appagamento sotto forma di cavalcate rumorose o ballate rivolte al cielo stellato che illumina distese di nulla.
Un disco a due facce che nulla aggiunge al grande talento di questi tre ragazzi ma che indubbiamente li conferma come una voce fuori dal coro in questo impazzito mondo.
78/100
(Nicola Guerra)
21 gennaio 2014