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Fresco di vittoria della Targa Tenco come migliore esordio per “Il Testamento”, il giovine Appino si riunisce ai giovanissimi Ufo e Karim, per continuare la giovane storia del Circo Zen. Ok, lo sappiamo che la storia del gruppo è iniziata da tanto, ma, in fondo, i tre cavalieri zen sono giovani davvero e lontani dalla pensione, che non vedranno mai, come buona parte d’Italia.
L’Italia, eccola là, i suoi tormenti e le perturbazioni emotive che stanno caratterizzando questo lungo periodo, erano al centro delle tematiche dei due precedenti dischi e lo sono anche in questo. Stavolta, però, si mira più in alto, lo zoom compie passi indietro e l’inquadratura si sposta sul gesto di “civiltà” che ha reso l’uomo da subito conto la natura. I problemi, ora, stanno nel capire quanto di civile ci sia rimasto in questa civiltà e quanto natura e uomo possano ancora sperare di gustarsi una convivenza che proprio impossibile non è.
Risalta ancora di più, però, la natura sonora degli Zen Circus. “Canzoni Contro La Natura” è vivido, ruggisce ardori live e ci riconsegna un gruppo ancora in ottima forma dopo i fasti di “Nati Per Subire”. Un po’ del cinismo totale de “Il Testamento” è filtrato anche qui, nei suoni (“Albero Di Tiglio”, “Dalì”) come nei testi, ma l’appuntita ironia mostrata finora non manca. Il trittico di pezzi iniziale è una delle partenze migliori possibili, un lungo sprint di elettricità wave che rimanda ai dischi recenti e poi si riallaccia alla “classica” musicalità tra folk e fervore cantautorale che è marca Zen Circus fin dagli inizi. Sino alle suggestioni 60’s di “Sestri Levante”, sfila una parata di gente incazzata che non ha voglia di dimenticare la propria vitalità e ciò che la sostiene, anche quando la merda che piove è proprio tanta. Viva noi, quindi, che vivi si muore.
75/100
(Giampaolo Cristofaro)
24 gennaio 2014