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Non ricordarsi il nome di una persona è particolarmente brutto, perché è come se non ci si rammentasse della sua identità, della sua specificità. Ecco, con i Fanfarlo succede una cosa simile, o anche peggio. Cioé: ascolti un album come “Let’s Go Extinct” e non riesci a collocarlo sotto il nome “Fanfarlo”, potrebbe essere qualsiasi altra band, o anche nessuna. I Fanfarlo, si sa, sono quelli “che avrebbero voluto essere gli Arcade Fire”, per cui crescendo (qui sono al terzo disco sulla lunga distanza, con in più un ep sul finire dello scorso anno) hanno evidentemente cercato di cambiare qualcosa, senza risultati apprezzabili, peraltro. Non sono riusciti insomma a trovare il bandolo della matassa della loro personalità.
In “Let’s Go Extinct” ci sono sì canzoni carine, ascoltabili, ma il tutto rimane su un piano distaccato e poco appassionante. Se si eccettua una “We’re The Future” debitrice degli Echo And The Bunnymen e una “A Distance” in cui riecheggiano gli ultimi Arcade Fire (ancora!) più tendenti alle contaminazioni elettroniche, canzoni che – bisogna ammettere – sono sopra la media nonostante la loro derivazione, il resto lascia una traccia delebile. Come l’inutilmente allegra “Landlocked”, reminescenza dei primissimi Clap Your Hands Say Yeah, o la “Painting With Life” che scimmiotta i Divine Comedy. Insomma, come si potrà ben capire, troppe influenze che finiscono con il non amalgamarsi e soprattutto a non incidere con una propria proposta.
Se avete unicamente voglia di ascoltarvi delle canzoni ben confezionate che scorrano via senza troppo approfondimento, potete benissimo approcciarvi a “Let’s Go Extinct”. Sennò, alla larga dai Fanfulla… ehm… dai Fanfarlo.
Lo dicevo io che è brutto quando non ci si ricorda il nome di qualcuno.
59/100
(Paolo Bardelli)
3 marzo 2014