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K-Conjog è uno di quegli artisti che se non conoscete già, dovreste cominciare a farlo subito. Dietro al nome dalle strane sonorità similorientiali in realtà c’è un tizio chiamato Fabrizio Somma, che negli ultimi anni ha suonato delle piccole cosine preziose a metà tra l’elettronica, la classica e il folk: il primo ep dal fantastico titolo “Le storie che invento non le so raccontare”, e poi il secondo “Set Your Spirit Freak!” che gli ha permesso di farsi notare a modo da chi ha le orecchie attente. A quasi due anni dal secondo disco, esce ora questo suo terzo lavoro, “Dasein”.
Prima di rabbrividire e gettare benzina sul rogo dei ricordi del liceo e dei libri di filosofia – siì, “Dasein” è proprio quella citazione lì di Heidegger – conviene ascoltare la prima traccia: ci pensa “Sein” a raffreddarvi i bollori, calmarvi gli animi, quietare i ricordi, con il suono di un piano che sembra suonato in una caverna e gli archi a dargli aria e respiro.
Per chi avesse goduto dei precedenti lavori di K-Conjog, già dall’inizio “Dasein” si dimostra molto diverso dalle cose ascoltate finora, e l’impressione rimane anche dopo aver ascoltato il resto del disco. “Le cose che invento non le so raccontare” e soprattutto “Set Your Spirit Freak!” conquistavano al primo ascolto perchè innestavano luccichii pop nel delicato equilibrio tra elettronica e suoni classici: “Qwerty” e “Nobody Knows” sono due veri gioiellini per chi li ha in mente e nelle orecchie. Invece ora dentro “Dasein” diventa tutto più rarefatto, e la limpidezza dei suoni dei primi due anni sembra essere svanita: quello che si ascolta è qualcosa di molto simile all’ambient nordeuropeo, in cui ogni traccia di vivacità è sparita e ha lasciato spazio a composizioni più fluide e organiche. Tutti gli spigoli sono smussati, anche quelli che prima coloravano le melodie, e i pezzi suonano molto più eterei di prima: “Polite Impolite” prova a dare sostanza e ritmo a sussurri appena percepibili, “It’s impossible for me to be against you” regola e armonizza il rumore bianco, “How to cure an hangover in April” riprende le composizioni dolciamare degli esordi, ma le pulisce dalle tendenze pop.
A questo giro K-Conjog suona un disco che si allontana volutamente dalle melodie delicate a presa rapida: sembra insomma aver scelto la strada più complicata, che però probabilmente regalerà soddisfazioni maggiori una volta percorsa del tutto.
66/100
(Enrico Stradi)
29 aprile 2014