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Dopo una giornata di tregenda, in cui non solo gli accreditati hanno dovuto cercare rifugio da una pioggia sempre minacciata e qua e là palesatasi, ma si sono anche imbattuti nella bolsa trasposizione cinematografica della vita della principessa Grace Kelly (Grace di Monaco di Olivier Dahan, da ieri anche nelle sale italiane), il Festival di Cannes ha iniziato a fare sul serio.
Nella giornata del 15 maggio si sono dunque inaugurate le varie sezioni: se il concorso aveva già emesso il primo vagito con l’affascinante ma non sempre compiuto Timbuktu del mauritano Abderrahmane Sissako, viaggio nelle lotte (ideologiche e armate) in seno al concetto di islam, ieri è stata la volta delle altre sezioni che animano il festival. La mattina, mentre al mastodontico Grand Théâtre Lumière veniva mostrato alla stampa Mr. Turner di Mike Leigh, al Théâtre Marriott – sede principale della Quinzaine des Réalisateurs – passava tra scroscianti applausi Bande de filles, opera terza della regista transalpina Céline Sciamma: un coming-of-age incentrato su una ragazza delle banlieu, alla ricerca di una propria dimensione e di una libertà espressiva non concessagli né dalla famiglia né dalla società. Qualche cedimento strutturale nella seconda metà del film non inficiano la forza del cinema della Sciamma, tra le più sincere narratrici di quel momento magico e terribile che è l’adolescenza. Bravissima la protagonista diciottenne, Karidja Touré, che imprime al personaggio una disperazione mai disillusa e una continua lotta contro l’universo che la sovrasta.
È iniziata anche la Semaine de la critique, la cui apertura è stata affidata a un film italiano, l’esordio di Sebastiano Riso Più buio di mezzanotte: schiacciati tra una proiezione e l’altra, e convinti di poter rintracciare il film nei cinema romani al termine della kermesse transalpina, abbiamo rinunciato a recuperarlo nella sala del Miramar, preferendo concentrarci su altre proiezioni. A giudicare dai commenti giunti a caldo da amici e colleghi, la nostra scelta si è dimostrata inconsciamente vincente. Anche Un certain regard ha aperto i battenti, con un’opera prima girata a sei mani, Party Girl di Marie Amachoukeli, Claire Burger e Samuel Theis, teso dramma al femminile non privo di ispirazione: anche qui la scena è dominata da una grande interpretazione della protagonista, Angélique Litzenburger, mentre le immagini sono spesso accompagnate dalla canzone che dà il titolo al film, suonata e cantata da Michelle Gurevich, meglio conosciuta con il moniker Chinawoman.
In una Cannes che ancora non sembra aver sfoderato i suoi pezzi pregiati (ma già oggi, tra Atom Egoyan, Nuri Bilge Ceylan, Mathieu Amalric e Jessica Hausner, se ne dovrebbero vedere delle belle), siamo rimasti ancora una volta ostaggi dello splendore senza confini di Racconto crudele della giovinezza di Nagisa Ōshima, restaurato in digitale a cinquantaquattro anni dalla sua uscita e riproposto nella sezione Cannes Classics. Cinema con la C più grande di Godzilla…
(Raffaele Meale)
16 maggio 2014
La giuria della sezione Un Certain Regard – Cerimonia d’apertura – Party Girl © FDC / C. Duchene