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Ci si chiede spesso che fine abbia fatto la musica italiana. La risposta arriva imperterrita da quella spazzatura che mia moglie continua a farmi vedere in televisione. Per sconfiggere il nemico, mi dice, bisogna conoscere le sue debolezze. Il fatto è che lei si diverte a vedere una mandria di scimmie urlatrici che ambiscono alla popolarità. Io vorrei solo sentire del calore, auspicherei mi fossero raccontate solo storie in cui mi riconosco.
“The Voice” sta uccidendo, neanche troppo velatamente, tutto il buono che il cantautorato ci ha regalato. Riccardo Sinigallia rianima, in modo leggiadro, quello che stiamo perdendo. Lo fa con “Per Tutti”, terzo lavoro di una discografia che chiamare autobiografica non pare un eufemismo, e punta il dito verso quei salotti di borghesi che si sciacquano la bocca con parole quali impegno, umanità, cultura. Non è qui per jingle o compilation, ma per assurgere al ruolo di “menestrello cantastorie” che racconta di “tutti” e “per tutti” senza prendersi glorie o salire su piedistalli tempestati di egocentrismo. Da un lato la poesia, dall’altra la musica. In mezzo un lavoro di ricerca sonora impressionante che rievoca un mondo lontano, quando dall’acustica suonata per descrivere una situazione quotidiana, ci si trovava in studio a sovrastare di suoni quelle idee che via via prendevano vita. Niente di più facile a parole. Più difficile certo salire su un palco e stare attenti a non stonare, a raggiungere l’acuto perfetto, a non scombinarsi il trucco.
Riccardo non vuole essere preciso, non desidera essere invitato a nessuna convention e non vuole neppure avere la convinzione di qualificarsi in un’ipotetica graduatoria capace di aprirgli buone strade. Riccardo vuole raccontare, attraverso versi e musica, che un sorriso ricevuto può rappresentare il punto più alto di una carriera artistica. Soldi, fama e successo non sono minimamente paragonabili alla ricerca della verità. Difatti, se a Sanremo la delicata “Prima di andare via” (scritta con Filippo Gatti) è passata inosservata tra un decolté e un finto suicidio, oggi, nel suo ambiente naturale è divenuta immensa, un piccolo inno per gente che con i sentimenti è ancora capace di convivere. Il resto del lotto è dello stesso, altissimo livello, con “Io e Franchino” che racconta di amicizia, “Le ragioni Personali” che esplode in un finale di fiati e prende consapevolezza che il passato è quello che ci ha fatto diventare grandi.
Un grande disco. Forse il più bello ascoltato quest’anno. Vero, sincero. Utile a riconciliarsi con le bruttezze del mondo e dell’etere. Che sono purtroppo la stessa cosa.
85/100
(Nicola Guerra)
13 giugno 2014