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Riassunto delle puntate precedenti. “Lontana Da Qui” è il primo demo per i grossetani Abiku, datato 1 Gennaio 2010. Altri EP li portano poi a realizzare, a fine 2011, il disco d’esordio (autoprodotto) “Technicolor”. Una vena cantautorale ispirata a Samuele Bersani e agli anni settanta si fonde magicamente ai tappeti sonori in bilico tra new-wave e shoegaze creati da basso e chitarre, in gioielli quali “I Nostri Temporali”, “Vieni A Vivere Con Me” (i Cure di “Just Like Heaven”?) e “Kittinger(Canzone sugli Aeroplani)”, con un malinconico rintocco di pianoforte e versi che mi hanno particolarmente colpito, citandoli: “Mi serve così poco in questa vita mia, mi serve di guardarti bene ogni volta che vado via, ché ogni partenza potrebbe essere l’ultima per me. Portami dove si vincono le guerre al cinema, senza i bombardieri che radono al suolo i grattacieli”. “Technicolor” risulta un lavoro apprezzabile, che non può tacere di menzione. Gli Abiku sono pronti a fare il salto di qualità con il secondo album.
“La Vita Segreta” è prodotto da Sherpa Records e anticipato in primavera da una raccolta di dodici videoclip nei quali vediamo il gruppo riproporre open air in giro per la Toscana alcuni classici a firma Bruno Lauzi, De Gregori, Celentano tra gli altri; ciò che colpisce, è il nome singolare con cui esce il progetto, viste le location meravigliose in cui sono ambientate le registrazioni, vale a dire “Qui Non Succede Mai Niente”. Esce poi a luglio un singolo inedito dallo stesso titolo, e ti chiedi se non ti abbiano imbrogliato, perchè ti sembra di riascoltare proprio una di queste canzoni, una “Pezzi di Vetro” o una “Ritornerai”. I ventinove secondi iniziali sono da KO, pura magia rubata a Smiths o forse ai Red House Painters; il resto, la sentita dedica del cantante-chitarrista Giacomo Amaddii Barbagli ad un amico che non c’è più e sostituito nel concreto dall’apatia della provincia (“Qual’è il suo vero lavoro ma quand’è che crescerà”), nel racconto di un mondo immobile, mosso solo da interessi malati, abusi di potere e calamità naturali.
Lo stesso Amaddii Barbagli rivela di aver cambiato tipo di scrittura per questo album: Le tematiche sono spesso legate al ricordo e al sogno, con alcuni testi davvero personali. “I Fantasmi della Casa Accanto” e “Canzone Nichilista” ne sono esempio lampante, con linee di basso incisive e in generale arrangiamenti di chitarre e tastiere davvero notevoli. “Otto Ore” sarebbe piaciuta a Lucio Dalla (“mi spiava nella metropolitana – nascosta dentro la borsa di una donna sudamericana”); “Il Tema della Vita Segreta”, ad un Alan Parsons alle prese con “The Dark Side Of The Moon”. “Dammi Una Mano (Pakistan)” è un altro classico del gruppo, così ballabile e di gusto mediterraneo, arricchita dal suono vintage del glockenspiel: Luca Carboni dei tempi d’oro meets Dario Brunori? Le due parti di “Non Andare Via” mostrano la versatilità musicale del progetto e la maturità nella scrittura, nel passaggio da una classica melodia italiana à la Perturbazione ad un rock corale e a presa rapida. “Parsec”, infine, è la perfetta canzone d’amore non stucchevole, con un’interpretazione vocale d’alto spessore e cori memori dei Cars di “Drive”.
Mi sento di paragonare questo album, in concept e intenzioni, ad altri importanti come “A Rush Of Blood To The Head”, “Deserter’s Songs” e “Anima Latina”, ma il raggio di esempi potrebbe essere allargato. Ultimo è “Nocturne” dei Wild Nothing. Gli Abiku, nonostante la giovane età ed un futuro tutto da decifrare, raccontano i miei anni dieci neanche mi conoscessero da sempre. Aldilà dei modelli tirati in ballo e di un suono più ragionato rispetto al primo lavoro.
Perciò date loro una possibilità, e finirete anche voi per pensarlo.
83/100
Matteo Maioli