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Il tender, uno dei migliori live club fiorentini, riaperto da una settimana circa, sembra già essersi ripopolato. E il pubblico non è esclusivamente fiorentino: non mancano inglesi ed americani, segno che la proposta è molto allettante.
La serata di venerdì notte è stata all’insegna della psichedelia: verso le 22:40 i Sound Sweet Sound, gruppo d’apertura, ha lasciato i tavolini fuori dal Tender e dopo una decina di minuti è salito sul palco. E’ ottobre ma il caldo si fa ancora sentire e il gruppo francese, con una sezione ritmica impeccabile, ha surriscaldato ancor di più l’atmosfera, dilatando tappeti sonori di vortici psichedelici dalle venature hard rock. Gruppo affiatato: batterista che non perde un colpo (anche se qualche bacchetta scivola via), i due chitarristi perfettamente complementari, bassista che non si limita a restarsene in angolo a delineare linee di basso e cantante con una forte presenza scenica.
Promossi ai pieni voti.
Dopo qualcuno di minuto di riposo post- concerto si riparte con i protagonisti della serata : gli Elephant Stone, gruppo psichedelico nato a Montreal, nel 2009, da un’idea di Rishi Dihir, bassista/sitarista, turnista per Black Angels, Brian Jonestown massacre, The Horrors, The Soundtrack of our lives e molti altri. Dihir, centro di gravità permanente della musica del gruppo (tre album all’attivo), si alterna in piena libertà, a piedi nudi, tra basso e sitar. L’impatto sonoro è garantito, tutti i pezzi suonano bene, anche grazie alla buona line – up che sta dietro. E’ indubbio però che certi brani abbiano una resa migliore di altri e sono tendenzialmente quelli in cui si realizza un perfetto equilibrio tra componente pop psichedelica e sperimentazione raga rock (Motherless child- Love’s not for war, brano di apertura del live set e dell’ultimo disco, su tutte). Quando prevale il lato più pop, viene a mancare forse una certa originalità autoriale, che, se ci fosse, potrebbe alzare il livello qualitativo della loro offerta musicale. Dihir e compagni però sanno tenere bene la scena e i presenti si divertono alla grande, felici di assistere a un viaggio sonoro negli anni sessanta, che non scade (troppo) in stupidi revivalismi.
(Monica Mazzoli)