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E’ una discoteca affollata di gente di età eterogenea il nuovo album di The Juan McLean, “In a dream”. Ma è anche il bar di quella discoteca. Queste metafore sono per introdurre la molteplicità e il piglio del disco: l’elettro-dance è un’arma a doppio taglio, o almeno lo può diventare se non controlli tutte le redini della situazione. Il nostro deus ex machina John McLean invece lo fa e con mestiere, accompagnato e abbellito (diciamola tutta) da Nancy Whang (guarda caso ex LCD Soundsystem).
Citazioni, ispirazioni e ammiccamenti che possono andare da Jean Michel Jarre ad Amanda Lear, seriamente parlando, passando per i più hypati e storicamente noti Daft Punk, Moroder, Lali Puna, tutto in chiave 3.0. Così che “In a dream” diventa compendio umorale del gruppo: umori newyorkesi venati di krautismo (“A place called space”), varietà e riflessioni. Alcuni effetti potrebbero risultare ridondanti, come per le batterie elettroniche in “I’ve waited for so long”, ma nell’insieme il progetto prende forma e forza tali da coinvolgere un ampio pubblico, almeno potenzialmente.
Non solo per appassionati di dance hall, ma anche per rilassati aperitivomani, tagliando trasversalmente ogni declinazione modaiola.
68/100
(Elisabetta De Ruvo)