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Da settembre al Tender- live club fiorentino – Luca Landi, cantante dei Go!Zilla, organizza, una volta al mese, l’ Annibale night, all’insegna del garage e della psichedelia. Protagonisti degli appuntamenti precedenti: i canadesi Elephant Stone e gli svizzeri Pussywarmers.
Venerdì 19 dicembre è stato, invece, il turno dei Movie Star Junkies: italiani fuori, americani dentro.
In apertura di serata, a movimentare il terreno, già scosso dal terremoto, ci hanno pensato i Lee Van Cleef’s Lost Finger, formazione psych garage toscana con all’attivo un ottimo 45 giri, proposto per intero in sede live: “My Horse”, “Down to the ground” e “Jesus” (nda. ordine con cui vengono inserite in scaletta). La setlist è poi stata arricchita da altri brani che si spera vengano pubblicati al più presto: cavalcate garage e furiose dal retrogusto western; alchimie di suoni (psichedelici) fumanti e sferraglianti. Una bella magia, resa possibile da due chitarre ruggenti, da un basso caldo, da una batteria sempre sul pezzo e da un frontman, ballerino rock assatanato numero uno. Spettacolo decisamente apprezzato dal pubblico, in attesa dei maledetti torinesi, arrivati a mezzanotte come i vampiri.
Il locale, con Stefano Isaia & Co sul palco, si trasforma letteralmente: le luci si abbassano e il buio entra negli spazi di bagliore, morti prima di nascere. Va in scena una “messa” punk e il Tender diventa, inaspettatamente, una specie di chiesa sconsacrata del rock’n’roll dove può accadere di tutto, anche che il cantante dei Movie Star Junkies si aggrappi alle spalle di una ragazza della prima fila, salga sulla transenna e scenda tra il pubblico, strusciandosi sul pavimento e tra le gambe dei presenti. E non si tratta di un attimo di follia, casuale ed evanescente. La pazzia è la regola. Perché, dopo pochi minuti, Stefano Isaia, come per incanto (o incubo), è appoggiato sulla cassa sinistra, in bilico sulla transenna. E non si tratta di un’uscita isolata, in più occasioni, dopo aver violentato a dovere il Farfisa con ginocchiate e ditate assassine, il cantante del gruppo torinese abbandona il perimetro del palco. E sembra quasi di stare in un locale punk d’altri tempi.
Sì, perché live emerge, in maniera dirompente, il lato più carnale e selvaggio del gruppo e così i brani dell’ultimo album, “Evil Moods”, assumono sfaccettature ancora più crude e distorte, è il caso di “ Jim Thopmson”, che senza i fiati presenti nella versione su disco, si vena di sfumature heavy. Ma in genere in tutti i pezzi suonati, ripescati da “A Poison Tree” (“The Walnut tree”, “Hail”) e ripresi da “Son of dust” (“Damage is done”, “These Wood have ears”), viene accentuata la componente più spinta ed aggressiva delle trame sonore della formazione torinese, che si presenta come la miglior band punk (con tinte blues) italiana in circolazione.
(Monica Mazzoli)