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L’instancabile Mary Timony, icona femminista del garage/punk rock indipendente già in Autoclave e Helium, si è imbarcata in un nuovo progetto. Dalle ceneri delle Wild Flag, dopo il ritorno nelle Sleater-Kinney di Carrie Brownstein e Janet Weiss, la quarantacinquenne chitarrista, cantante e polistrumentista ha dato vita alle Ex Hex, insieme a Betsy Wright e Laura Harris. “Rips”, disco d’esordio uscito lo scorso ottobre per Merge Records, ha replicato il successo della meteora Wild Flag. Di questo e di molto altro abbiamo parlato con Mary che ci aiuta a ricostruire un’emozionante percorso che dalla scena punk di Washington DC degli anni Ottanta-Novanta ci porta fino all’indie ai tempi dell’internet.
Le Ex Hex arrivano per la prima volta in Italia per tre date, giovedì 26 febbraio al Lo-Fi di Milano, venerdì 27 febbraio al Traffic di Roma e sabato 28 febbraio al Covo Club di Bologna (info).
Partiamo dal presente. Come mai hai deciso di abbandonare il tuo nome per ideare il progetto Ex Hex? “Rips” sembra essere arrivato subito, vista la tempistica piuttosto breve dopo lo scioglimento delle Wild Flag nel dicembre del 2013 con il ritorno delle tue ex compagne di band nelle Sleater-Kinney e l’uscita del disco a nome Ex Hex lo scorso ottobre.
Stavo scrivendo un sacco di canzoni nuove che suonano come canzoni scritte per una band più che per un progetto solista, così ho iniziato a lavorarci su insieme a Laura e Betsy e tutto ha funzionato subito. Ci siamo trovate subito a meraviglia avendo gli stessi gusti musicali. Direi che il progetto si è formato in maniera piuttosto naturale. L’album è nato dopo un sacco di jam improvvisate nel mio basement studio. L’idea era quella di fare un disco senza riempitivi, solo con pezzi killer. Per cui ci siamo messe a registrare demo, riarrangiando, tagliando, scartando alcuni pezzi finché l’album non è arrivato a compimento unicamente con tracce che tutte e tre gradivamo.
E poi?
Poi è iniziato un piccolo tour e alla fine del tour è arrivato il disco così come lo conoscete tutti oggi. Le parti di batteria le abbiamo registrate in North Carolina, le chitarre e le voci di nuovo insieme nel mio studio di Washington DC. Tutto è stato messo finalmente insieme da Bobby Harlow (The Go) in un altro studio.
Parliamo delle Wild Flag. In molti abbiamo parlato di una super-band in grado, con un solo album di colpire al cuore moltissimi fan, vecchi e nuovi del filone. Come mai è finita così presto?
Carrie e Janet hanno deciso di riformare le Sleater-Kinney, ma già in principio l’idea era quella di fermarsi dopo un disco. E oggi ti dico di tutto cuore che Ex Hex è la band che cercavo di tirar su da vent’anni a questa parte. E sono carinissima, forse, posso dire che non mi ero mai sentita così soddisfatta di essere in una band come oggi nelle Ex Hex.
Classe 1970, Mary Timony è nata e cresciuta a Washington DC tra i neighborhood di Wesley Height e Glover Park. Frequenta la prestigiosa Ellington School of the Arts di Georgetown e inizia a farsi le ossa da chitarrista in una band jazz mentre coltiva i suoi studi per la viola, strumento di cui è perdutamente innamorata.
Negli anni a cavallo tra i decenni Ottanta e Novanta, Washington DC è una delle roccaforti della scena indipendente a stelle e strisce, epicentro della scena punk-hardcore in tutte le sue derivazioni fino ai più morbidi gruppi power-pop e indie a bassa fedeltà della prima metà degli anni Novanta. La capitale è il caldissimo epicentro di una scena fieramente indie e do it yourself, nata negli scantinati e resa nota da etichette come la Desoto Records o la celebre Dischord di Ian MacKaye dei Fugazi e Jeff Nelson dei Minor Threat, band che insieme a The Dismemberment Plan e ai Nation Of Ulysses di Ian Svenonius rappresenta uno dei nomi più significativi dell’epoca.
Ai tempi delle Autoclave, eri uno dei personaggi chiave di quell’irripetibile scena di Washington DC del punk-hardcore, della Dischord Records di Ian MacKaye e Jeff Nelson che vi aveva messo sotto contratto e delle decine di altre band indipendenti che nascevano e morivano nella capitale in quel periodo. Indie aveva un altro significato, forse anche Washington DC aveva tutto un altro peso musicale. Come ricordi quei tempi?
E’ stato davvero un momento esaltante, unico, emozionante. Ripensandoci ora, è veramente affascinante e impossibile capire come e perché determinate scene musicali esplodano in determinate città in determinati momenti storici. Posso solo ricordare che è stato un momento entusiasmante e vibrante per Washington DC. Tantissime band incredibili, show spettacolari e soprattutto un senso diffuso di pazzia nell’aria.
Te che appunto sei sopravvissuta attraverso quasi tre decenni di musica indipendente, quali credi siano le differenze principali tra la musica indie degli albori e la musica indie contemporanea?
Sono convinta che negli anni Novanta le band più giovani cercassero veramente di creare della musica totalmente nuova e diversa dal passato. Oggi, al contrario, molte band giovani sembrano cerchino di suonare appositamente retrò. Trovo che la colpa sia di internet. Hai a disposizione così tanta musica da ascoltare senza ostacoli. Per certi aspetti è più semplice diventare musicista, nel senso che hai dei mezzi più accessibili per registrare e per raggiungere un maggior numero di ascoltatori. Un’altra differenza è che ci saranno 500mila band in più di quelle che giravano a quei tempi. Detto ciò, devo ammettere che stiamo vivendo un bel periodo musicalmente parlando e che, probabilmente, ci sia molta più musica di qualità oggi rispetto agli anni Novanta.
Sleater Kinney, Babes In Toyland, L7, molte girl-band simbolo di quell’epoca si sono riformate per album e tour. Come vedi tutto ciò? Potresti dirci di più a riguardo?
Personalmente posso solo dire che io, Mary Timony, non sono interessata a suonare musica scritta vent’anni fa. Preferisco fare musica nuova, lo trovo più eccitante e creativo.
Parlando sempre di quei tempi, soprattutto negli Helium, eri diventata un’icona femminista indie per i tuoi testi piuttosto radicali. Credi che il problema del sessismo sia ancora forte nel mondo della musica e oltre?
Certo! Viviamo ancora in un mondo sessista. Sicuramente ci sono più donne nelle rock band di oggi, il che è positivo. Più invecchio più vedo tutto con maggiore obiettività. Non mi incazzo più, preferisco concentrarmi su me stessa e sulla mia musica cercando di dare il meglio nelle cose che amo della vita.
E’ la vostra prima volta in Italia, sensazioni?
Siamo incrediblmente cariche.
Qual è oggi la miglior città degli Stati Uniti dove vivere per fare musica?
Washington DC!