Share This Article
Essere associati all’onda del revival dei ’90 può essere un’arma a doppio taglio.
Da una parte la voglia di riallacciare contatti con questo passato ancora caldo di braci genera euforia ad ogni grattugia di chitarra, dall’altra se ti accodi troppo alla scia post-Kobain sali su un carrozzone che ha già da tempo riscosso i suoi applausi e rischi di rimanere con il cosiddetto pugno di mosche e un benservito gentile che recita “non ne avevamo bisogno”.
I Menace Beach, gruppo di Leeds composto da Liza Violet, Ryan Needham affiancati da Robert Lee (Pulled Apart by Horses), Matt Spalding e Paul Draper (ex Mansun), Nestor Matthews (Sky Larkin) e Matt Johnson degli Hookworms provano a sgomberare la mente da queste inutili seghe mentali e suonano quello che a loro pare più congeniale, ovvero un dischetto senza pretese carico però di spirito adolescenziale (scusate, ho gettato un po’ di benzina sul fuoco), tra il serio e il faceto, fra il lo-fi e il noise, tra il pop e il punk, tra lo shogaze e il benemerito scazzo.
Voglia quindi di revival o semplicemente appartenenza ad una scena che ancora non vuol sapere di esalare l’ultimo respiro?
Nessuna delle due in verità, perché “Ratword” brilla di luce propria anche quando le ombre proiettate raffigurano skateboard e camice di flanella.
UK sound imbastardito dal fuzz, dal power pop di stampo americano (Superchunk per fare un nome) e da un tocco di shogaze che si guarda i piedi ed invece di trovare scarpe consumate trova della sabbia su una tavola da surf.
Vale davvero la pena quindi cavalcare l’onda della nervosissima “Lowtalkin” oppure lasciarsi cullare dalle nenie shogaze di “Blue Eye”, sperando di trovarseli di fronte. Magari di fronte al mare. Magari al Primavera Sound (ahimè non sarà così a questo giro). Magari in un giorno di sole. Magari in questi giorni, che rievocano il passato forse perché il presente proprio non gli piace.
70/100
(Nicola Guerra)
17 febbraio 2015