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“Il primo album dei Paperhead “Focus in on…the Looking Glass”, uscito nel 2010 in sole 100 copie, in che formato è uscito?
“ma è uscito in audiocassetta!”
Rispondendo correttamente alla newsletter del Covo Club di Bologna sono tra le fortunate cinque persone che vincono l’ingresso omaggio per la serata di venerdì 13 Febbraio.
Da Nashville, Tennessee sbarca all’indie mecca (since 1980) il gruppo della Trouble In Mind di Chicago.
Dopo il mistero dell’audiocassetta del 2010 e un omonimo album nel 2011, i The Paperhead suonano l’ultima loro fatica: “Africa Avenue”.
Il cd, un lavoro perfettamente confezionato in stile sixties e apprezzato dalla critica per i rimandi floydiani (periodo Barret) e beatlesiani (per le armonie vocali) è un ricordo lontano dalla resa live. Per la prima parte del concerto il rimbombo di un basso male ecoalizzato copre tutto, dal compact deluxe alla batteria. Rimane il sentore della chitarra acida e le armonie vocali di cui tanto si è parlato. Se i suoni non sono all’altezza lo è l’attitudine psichedelica durante gli intermezzi più dilatati rispetto all’album, che soddisfano la maggior parte del pubblico ma deludono un poco gli amanti del genere che si aspettavano qualche variazione in più. Verso metà concerto si riescono ad apprezzare meglio le dinamiche, che non mancano di certo nell’album, e in particolare nei “singoloni” “Africa” e “Eye for Eye”. Riuscitissima la cover in chiusura di Brian Eno “I’ll Come Running to Tyde Your Shoes”, annata ’75. In generale perdono la compostezza delle registrazioni per un live molto più “moderno” e con un pizzico di sporcizia che forse non guasta nemmeno.
In apertura l’orgoglio nazionale garage Sultan Bathery da Vicenza. Un gruppo che si inserisce in un panorama molto più transoceanico che italiano (e lo dimostra il tour americano). Sul palco suonano proprio come ci si aspetta. Sarà anche per la produzione audio volutamente mono dell’omonimo album d’esordio (per la Slovenly, 2014) ma riescono a riproporre lo stesso muro di suono che si sente in cuffia. Vengono aiutati da una seconda chitarra (new entry dell’estate 2014) che non ci si aspetta per il genere, (e forse non è necessaria, ma che aggiunge quella potenza in più. Una band che “di spalla” non ha niente e che anzi riesce a condividere il palco con uguale maestria. Peccato perchè avrebbe meritato più spazio e supporto ad inizio serata.
Tea Campus