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“Transfixiation” è il quarto album del trio newrokese A Place To Bury Strangers, edito dalla Dead Oceans.
Dopo tre anni da “Worship”, l’album viene presentato in anteprima dai singoli “Straight” e “We’ve Come So Far”. I due brani esprimono a pieno il nuovo atteggiamento melodico della band di Brookling, e se infatti noise rimane l’aggettivo più esemplare per i suoni della chitarra di Ackermann, l’album nel complesso è meno noisy dei precedenti.
Se diamo per assodato che “Deeper”, il quinto brano del cd, è la chiave di volta, “Straight” si trova nella prima parte dell’opera, caratterizzata da brani concisi e melodici, con un retrogusto revival anni ’80. “Supermaster” è un’intro perfetta al singolo e il tiratissimo “Love High” riesce a esplodere nei suoi soli due minuti (anzi meno). “What we don’t see” invece lascia un impressione più dance e ballereccia.
Inaspettata “Deeper”, che finalmente ci riporta ai vecchi lavori, al feedback, al loop e alla tempistica a cui eravamo abituati (6 minuti). La voce torna dietro assieme al rumore bianco i suoni si fanno più stridenti e le atmosfere più cupe. Da qui in poi inizia l’altra parte dell’album, che ai fan di “Worship” piacerà forse anche di più. Si accendono gli elicotteri nell’esotica e gotica, tutta strumentale, “Lower zone”, e si arriva al secondo singolo. “We’ve Come So Far” esemplifica ancora la svolta melodica del trio, in particolar modo durante i cori della cantante dei Closing Eye, Emilie Lium Vordal, che aggiunge un tocco di femminilità alla durezza della chitarra di Ackerman: un abbinamento perfetto.
“Now It’s over”, “I’m So Clean” e “Fill The Void” accompagnano in perfetto stile catatonico tipico degli A Place To Bury Strangers verso la chiusura dell’album: “I Will Die”. Un pezzo iconico di tutto il lavoro della band, una conclusione lontana dall’apertura dell’album, ma che avvicina la sperimentazione di Transfixiation alle precedenti e ne racchiude tutti i suoni e i punti forti della band.
78/100
Tea Campus