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Solo qualche mese fa Andrea Chimenti, cantante/cantautore/musicista dalla carriera trentennale (iniziata negli anni ottanta wave fiorentini), aveva tenuto un paio di concerti chitarra-voce e piano. Erano l’inizio di qualcosa di più grande: l’uscita del nuovo disco “Yuri”, a cinque anni dall’ultimo “Tempesta di Fiori”. Un album, che pur avendo le sue radici nel romanzo omonimo – dello stesso Chimenti – uscito nel 2014, ha una vita propria, indipendente dal libro, punto di partenza di una riflessione più ampia sulla società contemporanea: la gioventù senza speranze e futuro; la morte della cultura; la passività dei cittadini, spettatori di un spettacolo deplorevole.
E così sabato sera al Glue, prima data del tour, Andrea, accompagnato dal figlio Francesco e da Davide Andreoni (entrambi Sycamore Age), presenta alcuni nuovi brani in una chiave intima: si alternano sostanzialmente cinque strumenti – chitarra acustica, Rickenbacker, tastiere e violoncello elettrico , sintetizzatore Nord. L’apertura, lasciata al recitato espressivo ed amaro di un estratto da “La Confessione” di Tolstoy, prepara il terreno per un ora e mezza di musica, intensa e profonda. Non siamo in territori di pop tradizionale : fatta eccezione per la canzone d’amore “Sei Bellissima”, si ondeggia su versanti sonori, che incrociano cantautorato ed “art pop”, dove nella denominazione “art” rientrano le contaminazioni con la musica classica contemporanea e la poesia. Il violoncello elettrico, suonato magistralmente, è parte fondante di un’idea di suono elegante, classicheggiante ed al contempo aperta e sperimentale, tanto da andare oltre la forma canzone e musicare alcune poesie di Ungaretti (“Vanità”, “Il compleanno”), come testimoniato dal progetto “Porto Sepolto” di qualche anno fa. E nell’ultimo disco il passo è stato ulteriore, arrivando a dare un sfondo sonoro alle parole in prosa del capitolo 5 di“Yuri”. Un esperimento riuscito, che si integra in modo perfetto al resto dei brani proposti, arrangiati ed eseguiti con l’obiettivo di ricreare l’atmosfera cupa e malinconica del disco. E poi in scaletta il presente trova continuità nel passato, nei “classici” che il pubblico non si stanca mai di ascoltare: “Ti ho aspettato (I have waited for you)”, la commovente “Maestro Strabilio” (dedicata a Virgilio Prosperi) e la reinterpretazione spoglia, chitarra e voce, di “Vorrei incontrarti” (pezzo di Alan Sorrenti).
Scaletta:
(Monica Mazzoli)